Il Nord-Est per gli stranieri, tra accoglienza e bisogno di manodopera

MILANO – Non per scelta, ma per necessità. L’analisi che emerge dall’VIII Rapporto del Cnel (Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro) sugli indici di integrazione sociale degli stranieri in Italia, pubblicata il 16 febbraio scorso, deve essere considerata in maniera contestuale: se il Friuli-Venezia Giulia, la Toscana e l’Umbria emergono come le regioni italiani che offrono le migliori condizioni generali di inserimento socio-occupazionale non dipende solo dalla disponibilità degli abitanti. Ovvero, non si tratta esclusivamente delle regioni più accoglienti d’Italia ma molto probabilmente di quelle che più hanno bisogno della manodopera straniera. Proprio come recita il famoso aforisma dello scrittore svizzero Max Frisch, circa la massiccia immigrazione straniera in terra elvetica agli inizi del secolo scorso:«Volevamo braccia, sono arrivati uomini». E quando la manodopera non solo è richiesta ma benaccetta, è più semplice che si favorisca la permanenza degli stranieri.

Tornando al rapporto stilato dal Cnel, la classifica misura complessivamente il grado di attrattività che province, regioni e grandi aree nazionali esercitano sulla popolazione straniera in Italia e il livello di inserimento sociale e occupazionale degli immigrati. Da questi parametri nasce una classifica complessiva da cui emerge che le regioni con il più alto indice potenziale d’integrazione sono il Friuli-Venezia Giulia, la Toscana e l’Umbria, seguite a breve distanza dal Veneto. È proprio al quarto posto che si profila con forza l’esigenza di manodopera straniera, visto che il Veneto non è considerato come la regione più tollerante d’Italia: insomma, nonostante la grande umanità dei veneti, è abbastanza intuitivo – visti altri studi e casi di cronaca – che per l’aspetto di inserimento socio-occupazionale in questa regione orientale si sia fatta di necessità, virtù.

E a conferma di questo trend il fatto che nel rapporto del Cnel il Nord-Est sia considerata come l’area italiana più accogliente per gli stranieri: la grande incisività in queste zone dell’elettorato della Lega Nord basterebbe a smentire una presunta predisposizione oltre la media verso gli stranieri. Dopo il Veneto, seguono l’Emilia-Romagna e il Trentino, mentre le cinque regioni peggiori nell’accoglienza agli stranieri sono Campania, Puglia, Calabria, Molise e Basilicata: aree che per tradizione millenaria sono sempre state aperte alle contaminazioni straniere.

Sono tre gli indici utilizzati dall’analisi del Cnel per giungere alla classifica complessiva sull’inserimento socio-occupazionale: indice di attrattività territoriale (dove le prime tre regioni sono Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), di inserimento sociale (Friuli, Umbria e Marche) e di inserimento occupazionale (Toscana, Emilia-Romagna e Friuli). In generale è Trieste la città dove gli stranieri riescono ad integrarsi e vivere meglio. Mentre le città del Sud sono i luoghi dove gli immigrati si integrano peggio. Anche qui, è difficile credere che ciò dipenda esclusivamente da una presunta freddezza dei meridionali e dal calore dei settentrionali verso le popolazioni straniere: basti considerare che quando i pregiati vitigni beneventani e siciliani venivano inviati periodicamente dalla Magna Grecia all’Oriente, sopra il Po le popolazioni autoctone non erano ancora use ad esportare i propri prodotti locali.

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