MILANO – Ha strangolato la fidanzata, poi ha chiamato un amico in cerca di aiuto: “L’ho uccisa, ora che faccio?”. Una confessione in piena regola quella di Gianluca Gerardo Maggioncalda, 42 anni, che ha ucciso la sua fidanzata Sonia Trimboli dopo l’ennesimo litigio in un appartamento al centro di Milano la sera del 19 ottobre.
Non era la prima volta che le liti della coppia degeneravano, tra lancio di oggetti e percosse. Appena due mesi fa la donna fu salvata dai vicini di casa: Sonia, insanguinata e impaurita, fuggì di casa e trovò riparo nel condominio dei vicini, che chiamarono i soccorsi. E Maggioncalda aveva precedenti per lesioni e minacce.
La sera del 19 ottobre la storia è andata diversamente. L’uomo e la donna iniziano a litigare, lui perde la pazienza e la strangola. Poi chiama un amico e confessa tutto, esce di casa e si siede su una panchina a pochi metri dalla Basilica di Sant’Ambrogio.
E’ su quella panchina che i carabinieri l’hanno trovato e arrestato, dopo aver ricevuto la chiamata da parte dell’amico dell’uomo e averlo rintracciato grazie al suo cellulare.
Andrea Galli e Cesare Giuzzi sul Corriere della Sera scrivono:
“Sull’omicidio, ancora a serata avanzata, c’erano poche certezze. Se non la nazionalità, italiana, dell’aggressore e della vittima; l’età (sono entrambi 42enni); e infine l’indirizzo, che per la geografia è un indirizzo nobile: siamo in via della Commenda 28, all’angolo con via Orti, nel quartiere di Porta Romana, uno dei cuori della vecchia Milano.
Il civico 28 è un bel palazzo con studi professionali e abitazioni. In una di queste, è voce diffusa, erano frequenti i litigi. E i litigi, che cominciavano con urla e con insulti, spesso terminavano nello scontro fisico, nel lancio di oggetti, come ad esempio — la scena è rimasta ben impressa nei ricordi di quel conoscente del palazzo di fronte — il lancio di bottiglie di vino. I due fidanzati cercavano di coprire le risse tenendo la musica dello stereo ad altissimo volume”.
Maggioncalda lavora nell’orologeria di famiglia e abita in una mansarda sopra all’appartamento dei genitori, dove è avvenuto il delitto, nella centrale via Commenda. Durante l’interrogatorio ha raccontato che, dopo aver strangolato la fidanzata Sonia con un elastico da portapacchi, è sceso dal padre e dalla madre, invitandoli a salire per controllare come si sentiva la donna e poi si è allontanato. Il padre è andato nella mansarda, trovando la donna già cadavere.
Dopo il delitto l’uomo, secondo quanto ricostruito, ha ricevuto due telefonate: una della madre, che l’ha avvisato che la fidanzata era morta, e una da parte di un amico, cui avrebbe detto che c’era stata una lite con la fidanzata e che la donna era morta ma che lui non se ne era accorto. Una telefonata che il reo confesso ha poi detto, nel lungo interrogatorio terminato alle 3 del mattino del 20 ottobre, di non ricordare ma che ha sconvolto l’amico che ha raccolto il suo sfogo telefonico tanto che, dopo aver detto al quarantaduenne di stare calmo, ha chiamato la polizia.
Pare che la coppia, non convivente, visto che lui abitava da solo sopra ai genitori e lei con il padre, avesse già avuto in passato liti accese.
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