Milano, tolto ergastolo al padre accusato di aver ucciso il figlio di 2 anni perché non dormiva

Non fu omicidio. La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha ribaltato quanto stabilito in primo grado sulla morte del bambino di 2 anni e 5 mesi, il cui corpo martoriato e senza vita fu ritrovato in un appartamento di via Ricciarelli, zona San Siro del capoluogo lombardo, nel maggio 2019.

Il padre del piccolo, 26 anni di origini croate, era stato condannato all’ergastolo, nel 2021, per omicidio volontario, maltrattamenti e tortura, tutti aggravati. Ora i giudici di secondo grado hanno invece riqualificato il reato più grave di omicidio in maltrattamenti pluriaggravati, anche dalla morte del bambino. E hanno escluso la tortura, così come hanno assolto l’uomo dai maltrattamenti ai danni della moglie, con la formula “perché il fatto non sussiste”.

Risultato: nei confronti dell’uomo è stato annullato l’ergastolo ed è stata decisa una condanna a 28 anni di carcere.
E’ stata così respinta la richiesta, avanzata stamane in aula, della sostituta pg Paola Pirotta di confermare la condanna decisa in primo grado.

Milano, tolto l’ergastolo al padre accusato di aver ucciso il figlio di 2 anni

Secondo i giudici d’appello, infatti, la morte del piccolo fu dovuta ai plurimi maltrattamenti del padre e non fu invece conseguenza di un atto diretto e volontario. Il caso è stato il primo in Italia in cui era stata contestata la tortura nell’ambito delle violenze in famiglia.

Stando all’indagine condotta all’epoca dei fatti dalla Squadra mobile di Milano e coordinata dalla pm Giovanna Cavalleri, il bambino per i due giorni precedenti alla morte aveva subito le violenze del padre. Come era stato ricostruito in uno degli atti dell’indagine, il 26enne lo avrebbe colpito con “calci e pugni”, gli avrebbe provocato “bruciature” sul corpo con l’estremità di sigarette accese e gli avrebbe anche ustionato i piedini “con una fiamma viva”. A uccidere il bambino sarebbero stati poi alcuni colpi sulla fronte.

Le motivazioni della sentenza della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Milano, presidente Ivana Caputo, saranno depositate tra 40 giorni.

La reazione dell’avvocato dell’imputato

“Lungi da me l’idea di dire vittoria o sconfitta in un processo dietro il quale c’è una tragedia umana incolmabile”, le parole del difensore dell’imputato. “Al netto di ogni retorica – ha continuato – credo che la tesi difensiva sia la più aderente a una verità processuale sovrapponibile a quella fattuale”. E ancora per il difensore, già la sentenza di primo grado metteva in luce la “lacunosità” e le “contraddizioni” nel racconto della moglie che fu testimone delle violenze. “Mi riservo ogni commento più approfondito alla lettura delle motivazioni – ha continuato – ma da quello che emerge sinora anche la Corte d’Assise d’appello ha fatto una attenta analisi di queste contraddizioni”.

Già nelle motivazioni della sentenza di primo grado della Corte d’Assise di Milano, i giudici avevano evidenziato dei dubbi sul comportamento della madre e moglie dell’imputato. “Non è apparso chiarito a sufficienza – si leggeva nelle motivazioni – se in concreto” la giovane “fosse stata nelle condizioni oggettive per tutelare in modo più efficace il figlio”.

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