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Morta a 17 anni di leucemia, rifiutò la chemio. Cassazione: “Succube delle teorie dei genitori”

Eleonora Bottaro è morta a 17 anni, nel 2016, di leucemia linfoblastica acuta. Lo scorso 23 marzo, la Corte di Cassazione ha condannato i suoi genitori per omicidio colposo a due anni di reclusione in via definitiva. Depositate oggi, 9 maggio, le motivazioni del verdetto. I giudici hanno ritenuto che il rifiuto delle cure contro la leucemia da parte della ragazza “non fu una libera scelta che i suoi genitori ritennero di rispettare, ma un’opzione consapevolmente adottata dai genitori in prima persona, nonostante i medici li avessero informati dell’impossibilità, per la figlia, di guarire senza la chemio”.

Morta a 17 anni per leucemia, rifiutò le chemio. Condizionata dai genitori

Nel corso del processo sarebbe stato infatti accertato che i genitori della ragazza non vollero sottoporre la figlia alle cure anche quando la possibilità di guarigione era decisamente elevata (80%). E questo per via del fatto che entrambi erano seguaci del metodo Hamer, pratica antiscientifica che rinnega l’uso dei farmaci. E che, tardando le terapie, rischia di trasformare tumori curabili in forme incurabili.

I genitori di Eleonora hanno sempre ribadito che fu loro figlia a rifiutare le cure. La Corte di Cassazione ha ritenuto che il caso di Eleonora “esula ogni rilevanza della tematica relativa al diritto del minore all’autodeterminazione”, in quanto “la ragazza non aveva, in ragione dell’età, la percezione della reale possibilità di morire, essendo forte di un senso di immortalità e delle convinzioni dei propri genitori (…) i quali le avevano detto che la chemio non era necessaria, anzi era nociva”. Convinzioni, quelle dei genitori, che avrebbero “condizionato” la ragazza in quanto di loro “si fidava ciecamente”.

Le motivazioni della sentenza

Nelle dodici pagine delle motivazioni della sentenza di condanna, i giudici ricordano come essi “avevano rifiutato qualunque farmaco, opponendosi perfino alla terapia antibiotica e antipiretica e lamentandosi addirittura della Tachipirina e del Nurofen. Il padre insisteva perché venissero somministrati alla ragazza per via endovenosa altissimi dosaggi di vitamina C che, secondo la sua opinione, i medici non prescrivevano per pressioni della lobby delle case farmaceutiche”.

 

 

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