Morto a Palermo l’ambulante marocchino che si diede fuoco

Pubblicato il 19 Febbraio 2011 - 14:54 OLTRE 6 MESI FA

Noureddine Adnane, 22 anni, il venditore ambulante marocchino ricoverato nell’ospedale Civico di Palermo per gravi ustioni sul corpo, è morto alle ore 11.

Le condizioni respiratorie e cardiache si erano ulteriormente aggravate nelle ultime ore. L’ambulante venerdì scorso si era dato fuoco per protesta davanti una pattuglia della polizia municipale in via Ernesto Basile, nei pressi della cittadella universitaria, dopo che gli era stata sequestrata la merce.

Davanti all’ingresso dell’ospedale ci sono il padre del giovane morto, Emailovdi Adnan e il fratello Mustapha, in lacrime. La moglie della vittima, che vive a Settat, citta’ a 70 chilometri da Casablanca, e’ stata appena avvertita della morte del marito e nel pomeriggio dovrebbe arrivare a Palermo.

Il giovane ambulante marocchino, Noureddine Adnane, morto oggi dopo 8 giorni di agonia, secondo di otto figli, a 27 anni con il suo carretto pieno di cappellini, giocattoli, torce, accendini, gingilli vari, col suo lavoro faceva vivere la moglie e la figlia di due anni rimaste in Marocco, nel villaggio non lontano da Casablanca, ma anche i fratelli minori.

La sua morte e’ il sogno spezzato di un’intera famiglia che sperava un giorno di trasferirsi in Italia e fare una vita meno povera. E’ tutto finito ora per il tragico gesto di protesta di un lavoratore, bistrattato come tutti gli ambulanti legali o illegali che siano, che non ha sopportato il dikat dei vigili urbani di Palermo: avendo tutto in regola gli hanno detto ”Sei da troppo tempo fermo qui devi circolare”. Si e’ cosparso di benzina, il marocchino, e si e’ dato fuoco. Era arrivato circa 10 anni fa Noureddine da clandestino. Poi col tempo tutti i passaggi per regolarizzarsi, permesso di soggiorno e licenza da ambulante.

E sono inimmaginabili gli sforzi che un giovane extracomunitario deve affrontare per ottenere quei ”pezzi di carta” che lo rendono un uomo libero, non ricattabile: dalle spese alla burocrazia. Cosi’ andava avanti per realizzare il suo progetto: lavorando dall’alba alla notte spingendo il suo carretto, dando valore anche a quelli che i palermitani considerano ormai degli spiccioli: 10, 20, 50 centesimi. Questi erano i suoi guadagni per ogni oggetto che vendeva e ogni monetina serviva a rendere sempre piu’ reale il suo sogno. A Palermo dopo la tragedia le istituzioni, i sindacati, gli stessi vigili urbani, si chiedono quale rabbia impotente abbia potuto provare il giovane marocchino per dare fuoco a quel miraggio di ”vita normale”.