VENEZIA – I soldi spesi dagli indagati del Mose erano il doppio di quanto dichiarato al fisco. Questo il campanello d’allarme che ha portato all’inchiesta per presunte tangenti sul Mose, il sistema di protezione della laguna di Venezia dalle acque alte, con il successivo arresto di 35 persone. Secondo le accuse Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto e senatore, avrebbe speso tra viaggi e yacht oltre 2,6 milioni di euro tra il 2000 e il 2011. Spese che costituiscono quasi il doppio degli 1,4 milioni di euro dichiarati al fisco in quegli anni da Galan.
Andrea Pasqualetto sul Corriere della Sera scrive:
“Per esempio, la famiglia Galan, composta dall’ex governatore del Veneto Giancarlo, dalla moglie e dai loro due figli, ha dichiarato dal 2000 al 2011 entrate di poco superiori a 1,4 milioni di euro, valore decisamente inferiore a quello delle spese fatte dai quattro nello stesso periodo e scovate dagli uomini della Guardia di Finanza: oltre 2,6 milioni. Cioè, nei dieci anni, il bilancio dei Galan risulta in rosso per 1,2 milioni. «Sproporzione evidente», sottolineano i pm Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini nella richiesta di arresto fatta al giudice per le indagini preliminari di Venezia”.
Una indagine analoga ha messo a confronto i redditi dichiarati e le spese della famiglia di Renato Chisso, assessore regionale agli arresti per il Mose, scrive Pasqualetto:
“per il quale la differenza è meno marcata ma pur sempre in negativo: circa 1,1 milioni di euro dichiarati contro gli 1,4 trovati dai finanzieri spulciando fra acquisti di case, conti correnti, titoli e carte di credito. Il tutto riconducibile a lui, alla moglie e alla figlia”.
Una differenza che ha portato i magistrati a concludere:
“«È ragionevole ritenere che la quota di spese sostenute dai Chisso al di sopra delle proprie possibilità derivino da provento illecito costituito sia da denaro contante che da fittizia intestazione a terzi di quote societarie, in particolare Adria Infrastrutture»”.
Spese che Chisso, secondo gli inquirenti, avrebbe eseguito con uno
“«stipendio» in nero è stato valutato fra i 200 e i 250 mila euro annui, versati dal Consorzio Venezia Nuova (Cvn), concessionario unico del ministero delle Infrastrutture per le opere di salvaguardia della laguna, come forma di ringraziamento per l’attività politica diretta a favorire i consorziati privati”.
Altro caso è quello di Emilio Spaziante, ex generale della Guardia di Finanza:
“Spaziante e la sua convivente hanno complessivamente dichiarato entrate per poco più di 2 milioni di euro, mentre sono state scovate uscite pari a quasi 3,8 milioni. «In questo caso emerge inequivocabile l’elevatissimo tenore di vita», osservano i pm, precisando che «dalla scheda patrimoniale risultano auto sportive, barche di lusso, villa con piscina, prestigiosi immobili, nonché la frequentazione di costosissimi alberghi per i suoi spostamenti in Italia. Soggiorni settimanali a Milano in hotel da mille euro a notte»”.
C’è poi tra gli indagati anche Paolo Venuti,
“professionista padovano considerato «il gestore del patrimonio illecito di Galan»: entrate per 2,8 milioni di euro, uscite per 5,9. Dagli accertamenti bancari è emerso che sia lui che la moglie a fine 2009 hanno fatto rientrare 1,8 milioni grazie allo «scudo fiscale » tramite la società Unione, la stessa fiduciaria usata da Galan per il trasferimento in Croazia di 1,125 milioni di euro”.
Pasqualetto scrive poi che oltre alle dichiarazioni dei redditi, c’è il capitolo “parentopoli” che riguarderebbe in particolare la figura di Giovanni Mazzacurati:
“che da presidente «ha convogliato risorse anche sulle figlie, secondo una gestione quasi familiare dell’impresa». E beneficiari sono anche i parenti di Cuccioletta. «Al fratello un contratto di collaborazione per 40 mila euro… alla figlia un contratto con il Consorzio per 27.600 euro e l’assunzione della Thetis, controllata del Cvn»”.
Altra figura indagata è quella di Claudia Minutillo, segretaria storica di Galan e testimone nell’inchiesta sul Mose:
“«Mi raccontarono che Neri del Consorzio aveva nel cassetto 500 mila euro da consegnare a Marco Milanese per Tremonti e li buttò dietro l’armadio quando arrivò la Guardia di Finanza. Loro sigillarono l’armadio e la sera andarono a recuperare i soldi». Tutta da verificare: Milanese è sotto accusa, Tremonti no. Mentre l’altro ex ministro, Altero Matteoli, allora responsabile delle Infrastrutture, è ufficialmente indagato per la vicenda delle bonifiche ambientali di Porto Marghera”.
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