SIENA – Nessuna tangente nel caso della banca Monte dei Paschi di Siena, dicono i pm. Ma il Pd era ben informato dei movimenti della banca e spingeva per una sua espansione con l‘acquisizione di Antonveneta anche da Roma, dichiarano l’ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi e confermano l’ex presidente della Provincia Fabio Ceccherini e l’ex sindaco Maurizio Cenni. Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani, Walter Veltroni, Piero Fassino, Vannino Chiti, Vincenzo Visco, Giuliano Amato e Franco Bassanini. Questi i nomi di chi, ai vertici del Pd, conosceva bene la situazione della banca.
Guido Ruotolo su La Stampa riporta le dichiarazioni di Ceccuzzi del gennaio 2012:
“«Non ci trovo nulla di male rivolgersi a Roma, a chiunque sia in grado di contribuire a portare il meglio nella propria città»”.
Ma già nell’autunno del 2011 il nome di Alessandro Profumo circolava per assumere un posto ai vertici di Mps:
“«Nell’autunno del 2011 pensammo di cambiare direttore generale e ci rivolgemmo anche ad Alessandro Profumo, che però rifiutò lasciando la porta aperta a una sua possibile nomina alla presidenza. Con il passare dei mesi la situazione diventava sempre più difficile e mi rivolsi a Massimo D’Alema. Naturalmente lo invitai a contattare Profumo per fare pressioni perché accettasse l’offerta». L’incontro ravvicinato tra Siena e Massimo D’Alema si svolse in piazza Farnese, a Roma, nella sede di «Italiani europei».
L’acquisizione di Antonveneta viene poi ricordata da Ceccuzzi, che spiega come da Roma vi fosse chi auspicava un ampliamento:
“«Chi nel partito voleva che Mps diventasse più importante a livello nazionale? Piero Fassino, Massimo D’Alema e Vannino Chiti auspicavano un ampliamento della banca». Su ogni decisione bisognava consultare Roma”.
Della decisione poi di allargare il cda di Mps da 10 a 12 membri ne era consapevole Walter Veltroni, spiega Ruotolo:
“«che prese atto delle nostre scelte di allargare il cda». Disse a questo giornale Denis Verdini, triumviro del Pdl, fiorentino, che «per capire Mps bisognava capire la senesità». Sarà vero ma «il 18 marzo di quest’anno», ricorda a memoria l’ex sindaco Ceccuzzi, «Alessandro Profumo è stato eletto presidente di Mps». Un non senese, come il direttore generale”.
Tra il 2001 e il 2009 testimone delle nomine della Fondazione Mps anche l’ex sindaco Maurizio Cenni, che ai pm racconta:
“«Che fatica trovare l’intesa, incontrare prima il segretario cittadino dei Ds, poi quello provinciale, e il rappresentante della Margherita». E non può, Cenni, negare come «le diverse anime dei Ds» fossero tutte interessate alla vita di Mps. «Ai D’Alema, ai Visco non andava giù che Mps fosse gestita solo da una città di meno di centomila abitanti, e volevano che la banca si allargasse, si ingrandisse, pensasse alla grande. Quando la situazione divenne pesante, nel 2009, sostenni che occorreva azzerare i vertici della banca e della Fondazione, fui azzittito, accusato di non fare gli interessi di Siena e mi trovai isolato»”.
Del ruolo di Massimo D’Alema invece parla ai pm anche Fabio Ceccherini, presidente della Provincia di Siena dal 1999 al 2009:
“«Lui sosteneva che le nomine della Fondazione e dunque anche della banca erano di tipo medioevale perché troppo legato agli enti locali»”.
Roma voleva una “banca più grande”, spiega anche Valentina Errante de Il Messaggero, che parla del coinvolgimento di JpMorgan a cui i pm di Siena hanno contestato l’ostacolo all’attività di vigilanza della Banca d’Italia:
“Il filone è quello sull’acquisizione di Antonveneta e sulla sottoscrizione del Fresh da 1 miliardo di euro per «sistemare» i bilanci e ottenere il via libera di Palazzo Koch. Ma i pm Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso hanno aperto anche un altro fascicolo sul ruolo dei vertici dell’istituto tedesco. Per gli ex amministratori i reati contestati sono aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza, falso in prospetto per l’acquisizione della Banca Antonveneta, pagata 9,2 miliardi di euro, ai quali se ne sono aggiunti altri sette per estinguere le linee di credito concesse alla stessa Antonveneta da Abn Amro”.
Il Fresh con JpMorgan, scrive la Errante, fu sottoscritto nel 2008 da Giuseppe Mussari, Antonio Vigni e Cfo Pirondini:
“Scrivono i pm: «partecipavano e contribuivano alla predisposizione della complessa operazione finanziaria denominata Fresh 2008, diffondendo almercato notizie false idonee a determinare una sensibile alterazione del prezzo dell’azione Mps ordinaria. In particolare, computando nel patrimonio di base l’aumento di capitale riservato a Jp Morgan e collegato all’emissione di titoli per 950 milioni di euro»”.
Che JpMorgan avesse acquisito azioni Mps lo comunicò agli organismi di vigilanza, spiega infine la Errante, spiegando inoltre che Mps
“«era esposta alle oscillazioni del relativo valore senza ricevere dalla banca alcuna protezione implicita o esplicita, così celando il cosiddetto costo di bilancio». Ma soprattutto i vertici Mps riferivano alla Banca d’Italia che con la ristrutturazione del prestito, Jp Morgan trasferiva i rischi a Bank of New York non facendo alcun riferimento all’indemnity firmata per obbligo di carica da Morelli (all’epoca cfo della banca) che impegnava l’istituto senese «a intervenire con risorse proprie per fronteggiare le conseguenze negative che avrebbero potuto prodursi in capo a JpMorgan in caso di eventuali mancati o ritardati pagamenti»”.
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