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Napoli, indagato il poliziotto che ha sparato al 17enne durante una rapina

Indagato il poliziotto che ha sparato al 17enne durante una rapina a Napoli.

Eccesso colposo di legittima difesa. Questo è il reato che la procura di Napoli ipotizza nei confronti del poliziotto che all’alba di domenica 4 ottobre ha sparato e ucciso un ragazzo di 17 anni, nel tentativo di sventare una rapina.

Il conflitto a fuoco è avvenuto in via Duomo, all’angolo con via Marina, a Napoli. Con il 17enne, in sella a uno scooter rubato, c’era anche un ragazzo di 18 anni.

I due avrebbero tentato di rapinare tre ragazzi che erano a bordo di una Mercedes ferma in strada.

L’iscrizione del poliziotto nel registro degli indagati è un atto dovuto, viene spiegato, in previsione dell’autopsia sul corpo del 17enne, che si terrà forse già oggi, giorno della convalida del fermo del 18enne. 

Esame irripetibile al quale il poliziotto potrà, in questo modo, far assistere un consulente.

La ricostruzione della rapina

Dall’indagine è emerso che, oltre alla pistola “scenica”, priva del tappo rosso di riconoscimento, i due avevano anche a disposizione un coltello, trovato addosso al 18enne, lungo 18 centimetri, con una lama da 7 centimetri.

I due – quando sono arrivati i poliziotti – si erano appena impossessati di 100 euro, di tre iPhone e anche di un borsello, appartenente a un quarto giovane, in quel momento non presente, contenente i suoi effetti personali e le chiavi di una costosa Porsche Cayenne.

La Procura di Napoli contesta al 18enne, tra l’altro, la rapina aggravata e la ricettazione dello scooter. Contro di lui ci sono le testimonianze delle tre vittime della rapina, la refurtiva, le armi e anche le immagini dei sistemi di videosorveglianza di via Duomo.

Forcella piange il 17enne

A Forcella, intanto, è un via vai di parenti e amici, tra imprecazioni e pianti. Davanti alle telecamere il padre del 17enne, agli arresti domiciliari, ha parlato commosso ripetendo da ieri lo stesso concetto: “Mio figlio ha sbagliato ma non meritava di morire così”.

Tre le richieste dei genitori: giustizia, verità, chiarezza su quei drammatici momenti. I genitori chiedono di sapere le modalità con le quali è morto il 17enne e sottolineano di essere stati avvisati in ritardo del decesso del ragazzo.

In città e sui social si registrano reazioni di segno opposto tra chi sostiene naturalmente che nessuno debba essere ucciso anche se sta compiendo una azione delittuosa e chi invece, pur esprimendo dolore per quanto accaduto, ricorda che “chi fa certe cose se la va a cercare”.

Don Antonio Carbone è il sacerdote della comunità dei salesiani che lo aveva accolto a Torre Annunziata (Napoli) durante il periodo di messa in prova facendolo lavorare come pizzaiolo.

“Spesso – dice – mi sento fare questa domanda: ma dei ragazzi che passano per la comunità in quanti si salvano e in quanti si perdono? La vita, per fortuna, è un evolversi, nessuno di noi ha il sigillo del salvato e nessuno è per sempre perso”. (Fonte: Ansa).

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