Napoli, padre pentito ucciso dopo “Annozero”

Pubblicato il 18 Novembre 2009 - 19:25 OLTRE 6 MESI FA

napoliUn omicidio deciso dopo la puntata di “Annozero”, la trasmissione di Michele Santoro. Il boss Giuseppe Setola, dell’ala stragista sui Casalesi, decise di eliminare Umberto Bidognetti, padre del collaboratore Domenico, dopo aver visto l’appello del figlio ad altri camorristi affinché seguissero le sue orme.

Quel messaggio suscitò l’ira di Setola, che riunì immediatamente il suo gruppo e decise l’omicidio. Umberto Bidognetti fu assassinato nella sua azienda agricola a Cancello Arnone il 2 maggio 2008 dallo stesso Setola, con Alessandro Cirillo, Giovanni Letizia, Massimo Alfiero e Giovanni Tessitore.

«Una punizione esemplare», spiega il procuratore aggiunto di Napoli Federico Cafiero de Raho, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Caserta che hanno portato oggi all’esecuziore di tre arresti e alla notifica in carcere per 11 persone di un provvedimento cautelare.

E sono cinque gli episodi di sangue passati al setaccio dalla Dda di Napoli, tra cui un duplice omicidio. La scia di sangue comprende anche l’uccisione di Raffaele Granata, titolare del lido “La Fiorente” a Ischitella di Castelvolturno.

I veri obiettivi del gruppo di fuoco composto da Setola, Cirillo, Letizia, Massimo Amatrudi, Davide Granato e Salvatore Santoro, erano in realtà i figli di Granata che per ben due volte si erano opposti al pagamento del ‘pizzo’. Per uccidere il titolare del lido, l’11 luglio dello scorso anno, fu utilizzata una pistola calibro 9×21, la stessa arma che era stata utilizzata per uccidere l’imprenditore di Casal di Principe Michele Orsi. Setola voleva anche impedire che gli stranieri gestissero in proprio lo spaccio e la prostituzione. Per questo ordinò l’uccisione degli albanesi Arthur Kazani Zyber Dani e di Rami Doda, assassinati il 4 e il 21 agosto 2008.

Infine l’esecuzione di un collaboratore di giustizia Antonio Celiento, avvenuto un’ora prima della strage di Castelvolturno, il 18 settembre dello scorso anno. Autori materiali del delitto furono Cirillo, Letizia, Santoro, Massimiliano Napolano e Gabriele Brusciano. Nell’indagine è stata rilevante la collaborazione dei pentiti, anche se, come ha voluto precisare il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore «non facciamo mai atti di fede nel confronti dei collaboratori di giustizia, ma li andiamo sempre a verificare».