Napoli, fermato il terrorista Isis Sillah Osman. Al telefono disse: “Sono un soldato di Dio”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Giugno 2018 - 18:41 OLTRE 6 MESI FA

Napoli, fermato il terrorista Isis “Abou Lukman”. Al telefono disse: “Sono un soldato di Dio”

NAPOLI  – “Sono un soldato di Dio”, diceva Sillah Osman alla moglie, fermato a Napoli con l’accusa di essere un terrorista dell’Isis. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] L’uomo, un gambiano di 34 anni, aveva un nome d battaglia, Abou Lukman, ma non aveva ancora ricevuto “l’attivazione” per mettere a segno il suo attentato. L’arresto è arrivato lo scorso mercoledì nel corso di un blitz anti-terrorismo e l’uomo era segnalato da tempo e tenuto sotto controllo per via del suo proflo psicologico e dell’instabilità emotiva.

Determinante, per “stanare” Sillah, è stata la collaborazione di Alagie Touray, il connazionale di 21 anni preso lo scorso 20 aprile davanti alla moschea di Licola, nel Napoletano. Touray (che invece era stato “attivato” per lanciarsi sulla folla a bordo di un’auto), dopo essersi comportato nei confronti degli inquirenti italiani esattamente come impone il manuale dell’Isis, ha iniziato a collaborare consentendo di delineare precisamente il profilo di Sillah e ai “crociati” (così, nel numero 130, la rivista Al Nabah dell’Isis ha definito gli investigatori italiani che avevano arrestato Touray, ndr).

L’uomo ha dato importantissime informazioni individualizzanti di Sillah (in possesso di un titolo di soggiorno provvisorio con scadenza nel 2019 e richiedente di essere ammesso a un progetto Sprar) come, per esempio, l’uso – quasi esclusivo – di calzoncini corti, la forte divaricazione degli incisivi, la passione per la musica reggae e il modo di camminare. Nel Cara di Lecce gli investigatori sono anche riusciti a installare una videocamera che lo ha registrato mentre simula un’azione violenta mimando l’uso di un mitra.

L’indagine, alla quale ha contribuito in modo importante anche l’Aise (l’Agenzia per la sicurezza esterna), ha fatto emergere tutta una serie di elementi che finora non erano mai stati riscontrati, almeno nel nostro paese. A partire dall’arresto il 20 aprile scorso di Touray Alagie, il 21enne bloccato davanti alla moschea di Licola: il giovane – dicono gli investigatori – ha messo in atto tutto le tattiche consigliate dall’Isis ai jihadisti che vengono arrestati. Prima si è mostrato disperato, poi ha cercato di entrare in sintonia con gli investigatori, infine ha cominciato a fare piccole ammissioni e solo su elementi insignificanti.

Per la prima volta, inoltre, un organo ufficiale dello Stato islamico ha commentato la notizia del suo arresto: lo ha fatto il magazine Al-Nabah – la rivista dello stato maggiore del califfato – nel numero on line del 5 maggio. In quell’occasione si faceva menzione del fermo di Alagie, definendolo ‘un fratello’.

Alagie e Sillah, spiegano ancora gli investigatori, facevano parte di un gruppo di una settantina di persone che si sono addestrate in nord Africa. Un addestramento completo che andava dall’utilizzo del kalashnikov a quello delle mitragliatrici pesanti fino alla realizzazione e all’occultamento di ordigni esplosivi. Alcuni di loro sono morti, altri sono riusciti a partire per l’Europa. Ed è per questo che l’indagine è tutt’altro che conclusa.