Calabria: un’auto con armi e bombe sulla strada di Napolitano

Un’auto con dentro due fucili a pompa, due pistole, due bombe artigianali, passamontagna e taniche di benzina. Un’auto che sembra mettere in mostra un arsenale viaggiante di ndrangheta. Un’auto che era sul tragitto che doveva percorrere il presidente della Repubblica Napolitano in visita in Calabria. I Ros l’hanno trovata a poche centinaia di metri dall’aeroporto, durante la “bonifica” prima che il capo dello Stato passasse.

Due le ipotesi, una più “dolce” ma sempre inquietante: l’auto era in missione per la ‘ndrangheta, missione estranea alla visita di Napolitano ma missione disturbata dalle misure di sicurezza, dal controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. Quindi auto abbandonata per non incappare in controlli. Ipotesi che esclude un attacco al presidente ma indirettamente conferma come, nei giorni normali, la criminalità organizzata sia padrone di liberamente circolare in Calabria.

La seconda ipotesi è più drammatica ma non la si può escludere, anzi è quella su cui stanno lavorando gli inquirenti: l’auto non era un attacco ma un segnale, un avvertimento, lasciata lì non a caso per farla ritrovare. Una sorta di “testa di capretto”, la tipica intimidazione che tutti possono vedere. Anche il capo dello Stato.

E proprio questa ultima ipotesi, poco considerata in una prima fase, acquista sempre più spessore con il passare delle ore. Secondo fonti investigative dell’antimafia, infatti, «Non è da escludere che l’auto con esplosivo trovata a Reggio Calabria sia un segnale di intimidazione nei confronti dello Stato». Intimidazione che nasce, da «una crisi di nervi della ‘ndrangheta che manda un messaggio: “non intendiamo fermarci” di fronte all’azione di contrasto dello Stato». Una «fonte confidenziale» che segnala la presenza dell’auto proprio nel giorno in cui c’è il presidente della Repubblica e la città è blindata non può non far riflettere.

C’è poi un altro precedente, piccolo forse, ma che alla luce di quanto accaduto assume un altro rilievo. Il 3 gennaio, sempre a Reggio Calabria, una  bomba artigianale è stata fatta esplodere davanti al portone della Procura da due giovani a bordo di uno scooter. Passano quattro giorni e un petardo viene fatto ritrovare, sempre a Reggio Calabria, nell’aula bunker del tribunale, in concomitanza con l’arrivo in città di due ministri, Roberto Maroni e Angelino Alfano.

Tanti segnali non ignorati dal capo della Procura di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone secondo cui, «Reggio sta vivendo un momento di difficoltà».

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