Neonato il morte cerebrale, il papà vuole donare organi. La legge lo vieta

VERONA, 12 NOV – Il figlio nato dopo solo 37 settimane di gestazione è in morte cerebrale ma il suo decesso non puo' essere accertato dalla legge italiana; il padre di un neonato veronese non si da' per vinto e lancia un appello: ''Lasciate almeno che mio figlio possa donare gli organi''. Una richiesta umana, legittima, ma una strada che secondo gli specialisti medico legali e' difficilmente percorribile.

Il dramma riguarda Giacomo, figlio di una donna di 30 anni morta il 4 ottobre scorso per un'emorragia. La tragedia era maturata improvvisamente in casa. La giovane in avanzata gravidanza si era sentita male, portata all'ospedale veronese di Borgo Roma vi era arrivata in condizioni gravissime.

Avevano provato il tutto per tutto i medici e alla fine la decisione di far nascere comunque il bambino con parto cesareo dopo 37 settimane e quattro giorni di gestazione. Per la donna non c'e' stato scampo e sul piccolino, primogenito della coppia, sono rimasti i segni della sofferenza patita durante la crisi cardiaca della sua mamma: il suo cervello aveva patito per la prolungata mancanza di ossigeno.

L'autopsia avrebbe rivelato che la morte improvvisa sarebbe stata causata da una forte emorragia dovuta alla rottura dell'aorta. Nei giorni successivi al decesso la Procura della Repubblica ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di omicidio colposo: vi sono iscritti al momento tre medici, quelli che visitarono la donna nel corso di due accessi al Policlinico e il chirurgo che ha effettuato il cesareo d'urgenza. La giovane gestante a fine settembre aveva accusato alcuni dolori, in ospedale verificarono che i parametri erano regolari e che non vi era alcun problema ne' per lei ne' per il piccolo. Era tornata in ospedale il 2 ottobre, accusando sempre dolori ma i medici non rilevando alcuna anomalia legata alla gravidanza, ritennero che quel malessere fosse una sciatalgia. Poi la tragedia. Da allora il neonato e' tenuto in vita dalle macchine. La legge italiana prescrive infatti che l'accertamento della morte cerebrale avvenga solo dopo 38 settimane di gestazione. Un destino tragico al quale il padre Riccardo, che lo visita ogni giorno, si ribella lanciando un appello disperato: ''So che l'unico domani che mio figlio puo' avere e' che permettano l' espianto dei suoi piccoli organi, facendo cosi' in modo che altri neonati vivano grazie a lui''. Per l'uomo, che starebbe pensando di rivolgersi anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e al sottosegretario alla Salute, la veronese Francesca Martini, ''sarebbe l'unico modo di far continuare la vita che lui non avra'''.

Un atto d'amore che si scontra con il parere degli esperti sia perché, come afferma il direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt) Alessandro Nanni Costa, ''al momento non risulta vi siano neonati in lista di attesa per un trapianto'', sia perche', come indica il direttore della Terapia intensiva neurochirurgica dell'azienda ospedaliera universitaria di Verona, Francesco Procaccio, ''la donazione degli organi in una situazione clinica di questo tipo rappresenta un caso 'al limite', anche perche' molti organi non sono ancora abbastanza sviluppati''. ''Potrebbe essere prelevato il cuore – sottolinea Costa – che e' l'organo a quest'epoca piu' formato''.

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