Trattativa Stato-Mafia. “Da Mancino pressioni anche su Grasso”

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Nicola Mancino (LaPresse)

PALERMO – Emergono nuovi particolari nell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia a cavallo delle stragi del 1992-1993. Nelle intercettazioni della Procura di Palermo pubblicate su diversi quotidiani ci sarebbero le prove dei contatti tra il consigliere del Quirinale Loris D’Ambrosio e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, che sarebbe stato molto preoccupato riguardo all’inchiesta sui rapporti tra lo Stato e Cosa Nostra.

Era preoccupatissimo, Nicola Mancino. «Tormentato» dall’inchiesta sulla trattativa fra Stato e mafia, nella quale, fino a qualche giorno fa, l’ex ministro dell’Interno era un semplice testimone. Ora è indagato proprio per falsa testimonianza al processo Mori, ma dalle pieghe dell’inchiesta e dalle intercettazioni vengono fuori altri sospetti, veleni, misteri, scrive La Stampa.

Il Fatto invece riporta stralci di telefonate: “Il presidente ha preso a cuore la questione”, diceva il braccio destro di Napolitano, Loris D’Ambrosio, a Nicola Mancino. Poi aggiungeva: “Bisogna intervenire su Pietro Grasso”.

In una telefonata riportata si legge:

“Posso parlare col presidente (Napolitano, ndr) che ha preso a cuore la questione – dice D’Ambrosio – ma mi pare difficile che possa fare qualcosa. L’unico che può dire qualcosa è Messineo. L’altro è Grasso. Ma il pm Nino Di Matteo in udienza è autonomo. Intervenire sul collegio è una cosa molto delicata…”.

Secondo quanto riporta Repubblica Nicola Mancino avrebbe telefonato insistentemente, anche a D’Ambrosio e al procuratore di Palermo Messineo, per tentare di evitare il confronto a cui i magistrati volevano sottoporlo, con Claudio Martelli.

Il Corriere della Sera scrive: Mancino immaginava di intervenire su Messineo, il procuratore di Palermo, e sul procuratore nazionale antimafia Grasso, ma D’Ambrosio spiegava che i pm in udienza sono autonomi, non rispondono al loro capo. «L’unica cosa è parlare con il procuratore nazionale antimafia», aggiungeva. Lui aveva potere di coordinamento sulle inchieste tra i diversi uffici, e della trattativa si stavano occupando, oltre ai magistrati palermitani, anche quelli di Caltanissetta e Firenze. Ma Mancino era preoccupato dai possibili confronti in tribunale. «Il collegio lì è equilibrato – sosteneva -, come ha ritenuto inutile quello con Tavormina (l’ex capo della Dia che aveva smentito Martelli, ndr ) potrebbe rigettare per analogia». D’Ambrosio: «Intervenire sul collegio è una cosa molto delicata…». E ancora: «Più facile è parlare con il pm…». Mancino concluse che bisognava far intervenire Grasso: «Io gli voglio parlare perché sono tormentato». Poi accadde che i pm chiesero i confronti ma il tribunale decise di non farli.

LA SMENTITA DI GRASSO  Il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso precisa – a proposito delle intercettazioni tra Mancino e il D’Ambrosio nelle quali sarebbe stato chiamato in causa – di non aver mai ”subito pressioni da parte del senatore Nicola Mancino” perché ”al di là delle intenzioni e, dei tentativi, la legge è sempre rimasta uguale per tutti, come hanno attestato pubblicamente i magistrati che indagano sulle stragi escludendo di aver avuto segnalazioni o pressioni sui fatti oggetto delle indagini”.

A proposito delle intercettazioni di conversazioni tra Mancino e D’Ambrosio che riguarderebbero anche Grasso, il procuratore nazionale antimafia sottolinea ”di non avere mai espresso alcun giudizio sui magistrati di Palermo”, e ”di avere incontrato, nel dicembre scorso, il senatore Mancino al Quirinale nel corso della cerimonia di auguri natalizi”. In tale occasione, ha ricordato Grasso, Mancino ”lamentava valutazioni diverse, da parte di talune Procure, in relazione a comportamenti od omissioni attribuitigli”. In proposito Grasso afferma di ”avergli fatto presente che l’unico strumento che puo’ ridurre ad unita’ indagini pendenti in uffici diversi, e’ l’istituto della Avocazione, che però è applicabile nel caso di ingiustificata e reiterata inerzia o violazione delle direttive impartite dal procuratore nazionale antimafia ai fini del coordinamento delle indagini”. Grasso aggiunge, inoltre, che ”dalla consultazione delle mie agende, non mi risulta di avere incontrato il consigliere D’Ambrosio lo scorso 13 marzo”.

”In ogni caso non escludo che – sottolinea Grasso – incontrandolo in altre occasioni, mi abbia potuto riferire delle lamentele del senatore Mancino, che peraltro gia’ conoscevo, e che si è affrontato il tema soltanto sotto il profilo dei rimedi giuridici approntati dalla legge”. Infatti ”dare impulso alle indagini o coordinarle – prosegue Grasso – non puo’ certamente mai consentire al procuratore nazionale antimafia di dare indirizzi investigativi e, ancor meno, di influire sulle valutazioni degli elementi di accusa acquisiti dai singoli uffici”. Il coordinamento, spiega Grasso, ”serve soprattutto allo scambio reciproco di tali elementi e alla razionalizzazione delle attivita’ investigative per evitare sovrapposizioni di indagini da parte di diverse forze di polizia”. Grasso ribadisce di aver sempre cercato ”la ricerca spasmodica della verita’, unico principio ispiratore” e di aver avuto ”per primo, il privilegio di raccogliere le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza e di fornirle alle Procure di Firenze, Caltanissetta e Palermo”. ”Sono il primo – ha concluso – ad auspicare che sia fatta finalmente piena luce sulle stragi che hanno colpito amici, colleghi e tante persone innocenti”.

 

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