CATANIA – E’ stata confermata la condanna a 30 anni di carcere per Antonio Luca Priolo che il 6 ottobre del 2015 uccise con 48 coltellate a Nicolosi, in provincia di Catania, la sua ex convivente Giordana Di Stefano, di 20 anni, con la quale aveva avuto una bambina, che all’epoca dei fatti aveva quattro anni. Lo ha deciso la Cassazione.
Anche il Pg Roberta Maria Barberini al termine della requisitoria davanti alla prima sezione penale della Suprema corte aveva chiesto di rigettare il ricorso presentato dalla difesa.
Lo scorso gennaio i giudici della terza sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catania avevano confermato la condanna a 30 anni di carcere per Priolo. La sentenza di primo grado era stata emessa il 7 novembre del 2017 a conclusione del processo con il rito abbreviato.
Giordana fu uccisa il giorno dell’udienza preliminare dal Gip del procedimento per stalking scaturito da una sua denuncia nei confronti dell’ex convivente, padre di sua figlia e poi suo assassino. Morì dissanguata a poche centinaia di metri dalla sua abitazione. Priolo fu fermato dai carabinieri a Milano, dopo una lunga corsa in auto dalla Sicilia in Lombardia, mentre alla stazione cercava di prendere un treno per fuggire all’estero.
Un femminicidio non annunciato, secondo la Procura di Catania che ha continuato a procedere nei suoi confronti anche per il reato di stalking denunciato da Giordana. Dopo la querela, presentata perché lui dopo averla seguita era entrato a casa da una finestra giustificandosi con motivi di sicurezza, non c’erano stati altri segnali. La giovane aveva intenzione di ritirare la denuncia, tanto che non si era costituita parte civile nella richiesta che la Procura di Catania aveva attivato autonomamente.
Giordana la sera prima di essere uccisa era uscita con un cugino: per caso aveva incontrato il suo ex, che era con l’auto della madre, ed erano rimasti insieme. Quale sia stata la molla omicida non è certo: i due avevano anche un contenzioso civile aperto, l’affido della loro figlia.
Lei lo voleva in esclusiva e lui pare fosse disposto a concederlo in cambio del ritiro della denuncia per stalking perché voleva prendere il porto d’armi e fare la guardia giurata. Un accordo era stato trovato, ma l’incontro chiarificatore si era trasformato in dramma. Priolo ha sempre negato la premeditazione ribadendo che il movente era da collegare a “un raptus”. (Fonte ANSA)