Nola, i magistrati lavorano troppo e gli avvocati scioperano

I magistrati lavorano troppo e gli avvocati protestano con uno sciopero. Succede a Nola dove i legali se la prendono con i magistrati “secchioni”. Gli avvocati accusano i giudici di celebrare quattro e più udienze a settimana, troppe per i legali che devono preparare le difese.

Sul caso, del tutto in controtendenza rispetto alla storica lentezza della giustizia italiana, prende posizione l’Anm di Napoli che «stigmatizza l’attacco strumentale e ingiustificato rivolto ai magistrati del Tribunale di Nola dall’Unione Camere Penali Italiane, che offende e mortifica il lavoro dei componenti i collegi giudicanti e dei magistrati requirenti».

«È assolutamente paradossale che proprio quando i magistrati garantiscono un impegno straordinario – scrive l’associazione di categoria – per trattare processi complessi con numerosi imputati detenuti per reati di criminalità organizzata, siano tacciati di “efficientismo e autoritarismo nel rendere giustizia”, in ossequio “a un sinistro modello inquisitorio”».

Per l’Anm non c’è nessun “autoritarismo” ed “efficientismo”, né alcun “modello inquisitorio” nelle scelte dei magistrati del Tribunale di Nola «che sono tenuti a trattare tutti i processi e, quando necessario, per legge, a dare priorità assoluta a quelli nei confronti di imputati detenuti per reati di criminalità organizzata, anche celebrando quattro o più udienze per settimana».

Dura anche nel metodo, oltre che nel merito, la replica dell’associazione nazionale dei magistrati: «Le accuse mortificano, queste sì, il ruolo dei difensori, che ben sanno e possono far valere le legittime censure nell’ambito del processo, con gli strumenti propri della difesa tecnica, che deve restare libera da ogni condizionamento, per la dignità costituzionale della funzione difensiva. Allarma che nella delibera si faccia riferimento alle proteste di alcuni imputati detenuti, che al fine di censurare le modalità di trattazione del processo hanno ritenuto di revocare il mandato difensivo. Peraltro sorprendono i toni utilizzati nella delibera, certamente sopra le righe, che amplificano il rischio di una sovraesposizione dei giudici, impegnati in delicati processi di criminalità organizzata».

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