Nozze combinate in patria e vita secondo le tradizioni, ragazza albanese denuncia i genitori

Pubblicato il 24 Agosto 2010 - 16:37 OLTRE 6 MESI FA

Poteva finire come la giovane Sanaa, uccisa dal padre perché troppo “occidentale”. Ma lei, una ragazza albanese  di nazionalità macedone di 21 anni, si è ribellata al destino che le avevano imposto i suoi genitori: una vita che seguisse la tradizione del paese d’origine con tanto di matrimonio combinato in patria. La giovane ha trovato il coraggio di fuggire da un presente fatto di maltrattamenti e costrizioni e da quel futuro progettato da altri e, con l’aiuto della responsabile della comunità cui era stata affidata quando era minorenne, ha denunciato tutto alla polizia.

Ora la ragazza, che vive e lavora in provincia di Bologna, ha trovato finalmente la sua strada, libera da imposizioni. I suoi genitori, il padre operaio di 47 anni, la madre casalinga di 44, sono invece accusati di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona e violenza privata. Per il padre, che dopo la fuga della ragazza ha iniziato a perseguitarla con appostamenti ed sms minacciosi, c’è anche l’accusa di stalking. Lo scorso giugno il Pm di Bologna, Maria Gabriella Tavano, che si è occupata delle indagini, ha chiesto al Gip l’applicazione della custodia cautelare in carcere per l’uomo. Il giudice ha invece disposto il divieto di avvicinamento alla figlia.

L’inchiesta è stata chiusa di recente con l’avviso di fine indagine per entrambi i genitori, provvedimento che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. La denuncia della ragazza, presentata lo scorso aprile per gli atteggiamenti persecutori del padre, ha permesso al magistrato di ripercorrere a ritroso le difficili tappe che hanno segnato l’adolescenza della ragazza. Nel suo passato, infatti, ci sono due tentativi di suicidio.

E’ stata lei stessa a raccontare tutto al pm. Quando aveva 17 anni il padre le aveva proibito di proseguire gli studi e le aveva imposto di troncare la relazione che aveva intrecciato con un ragazzino bolognese. I genitori volevano che sposasse un macedone. Dopo i tentativi di suicidio la ragazza è stata affidata a una comunita’ alle porte di Bologna. Con la maggiore età però sono ricominciati i problemi. Per due volte è stata portata contro la sua volontà in Macedonia, dove si doveva organizzare il matrimonio combinato.

Qui è stata segregata in casa e le sono stati sottratti i documenti. Lei si è ribellata e grazie al cellulare della cugina è riuscita a telefonare alla responsabile della comunità che l’aveva ospitata. La donna ha poi organizzato tutto: ha mandato due persone di fiducia a Skopje e ha dato indicazioni alla ragazza per l’incontro in aeroporto. Da qui è salita su un volo per Praga da dove si è imbarcata per la Svizzera, paese dove l’educatrice ha alcuni amici che l’hanno ospitata. Quando è tornata a Bologna ha ripreso la sua vita da sola ma la pace è durata poco. Il padre ha cominciato a perseguitarla al lavoro, un negozio di parrucchieri e sul suo telefonino sono arrivate minacce esplicite. Anche il suo nuovo fidanzato è stato sottoposto allo stesso trattamento, minacciato di morte da familiari e amici del padre. L’epilogo, a lieto fine, lo scorso aprile, con la denuncia della giovane e una nuova vita finalmente tutta sua.