“Nuove Br”, liberi quattro esponenti della colonna padovana

Pubblicato il 31 Dicembre 2009 - 16:39 OLTRE 6 MESI FA

Erano stati condannati nello scorso giugno a tre anni e mezzo di reclusione, ma ora la prima sezione della Corte d’assise d’appello di Milano li ha rimessi in libertà.

Si tratta di quattro esponenti della colonna padovana delle Nuove Br: i giudici hanno revocato gli arresti domiciliari ai quattro presunti appartenenti alle cosiddette “Nuove Br” del Partito comunista politico-militare e ha disposto per loro l’obbligo di firma tre volte alla settimana.

I domiciliari sono stati revocati ad Amarilli Caprio (l’unica donna del gruppo) e Alfredo Mazzamauro, i due giovani studenti universitari che, secondo l’accusa, avrebbero fatto proselitismo per conto del Pcp-m all’interno dell’università statale di Milano. Il legale di Caprio, l’avvocato Ferdinando Bonon, nel motivare l’istanza di revoca della misura aveva spiegato che la giovane, arrestata nel febbraio 2007 e ai domiciliari da oltre due anni, ha in pratica già scontato la pena, anche in vista di una possibile riforma in appello della condanna.

Tornano liberi anche Federico Salotto e Davide Rotondi. Al processo di primo grado a Milano, Davide Bortolato, il capo dell’organizzazione a Padova, era stato condannato a 15 anni di reclusione. L’accusa più pesante per tutti gli imputati era associazione sovversiva e banda armata.

Tra i padovani condannati ci sono anche Claudio Latino (15 anni), Massimiliano Toschi (10 anni e 11 mesi), Andrea Scantamburlo (3 anni e 8 mesi), Amarilli Caprio, Alfredo Mazzamauro, Federico Salotto e Davide Rotondi (3 anni e 6 mesi). Solo dieci giorni di arresto a Giampietro Simonetto, assolti con formula piena Michele Magon, Alessandro Toschi, fratello di Massimiliano, e Andrea Tonello.

Per loro quattro, insieme ad altri dieci condannati il 13 giugno scorso, il prossimo 15 aprile inizierà il processo d’appello. Per il vice sindaco di Milano De Corato questo sarebbe «un pessimo segnale di resa dello Stato nonostante gli allarmi sul terrorismo lanciati dal ministro dell’Interno. La decisione dei giudici di rimettere già in libertà i nuovi brigatisti riesuma una linea passatista. Quella morbida della mano aperta, anziché del pugno chiuso, nei confronti dei cosiddetti “compagni che sbagliano” E che stride invece con gli allarmi lanciati a più riprese da Maroni sulla nuova eversione».