ROMA – Sono passati vent’anni, da quando un oscuro cacciatore-raccoglitore di 5400 anni fa, iniziò a “raccontare” le abitudini della sua gente sulle montagne dell’Alto Adige, dove fu ritrovato, perfettamente conservato. E’ conosciuto con il nome di Oetzi, per gli amici. L’Uomo del Similaun, o l’Uomo venuto dal Ghiaccio in termini paleo-antropologici. Ma l’accertamento dell’identità è stato un processo lungo, più volte gli hanno cucito addosso una biografia improbabile.
Tutto ha inizio il 19 settembre del 1991. Erika ed Helmut, una coppia di alpinisti tedeschi, scendendo dalla Punta Finale verso il Rifugio Similaun, si imbattono in una macabra visione. Fra i ghiacci notano il cadavere di un uomo. Segnalano la cosa alle autorità e se ne tornano a Norimberga. Gli italiani non mostrano troppo interesse, sono in tanti che perdono la vita avventurandosi tra i ghiacci. Gli austriaci ci mettono le mani e la mummia finisce all’Università di Innsbruck. A quel punto gli alpinisti reclamano la loro parte di gloria, in contanti ovviamente. Ottengono 175 mila euro l’anno scorso ma gli uomini vanno lasciati riposare in pace: la mummia non perdona, Helmut non si godrà mai il gruzzolo, perendo in un altro crepaccio alpino.
L’affascinante storia dell’accertamento dell’identità della mummia procede a colpi di retrodatazioni improvvisate. Possiede un’indefinibile aria moderna, familiare, che induce parecchi all’errore. Gli affibbiano l’identità di un alpinista scomparso nel ’51, poi quella di un escursionista dell’Ottocento. Arretrando arretrando gli vengono riconosciute le fattezze di un soldato di ventura al soldo di un conte tirolese, vissuto nel 1420. Sarà il radio-carbonio a mettere fine alle supposizioni improvvisate, restituendo alla mummia il suo posto nella storia umana. E l’Italia, che fino ad allora lo aveva ignorato riesce ad riaverlo indietro: è stato trovato a meno di cento metri dal confine austriaco. Sono bastati per offrirgli un letto al Museo Archeologico di Bolzano, dove riposa a 6° sotto zero in una atmosfera a umidità controllata.
Sentiamo cosa ci ha raccontato di quella notte dei tempi e delle sue abitudini. “Sono vissuto 3300 anni prima di Cristo, così mi hanno riferito. Quello che so di prima mano è che avevo tra i 30 e i 40 anni, ero alto un metro e sessanta. La mia attività lavorativa consisteva nel cacciare e raccogliere. Ogni tanto coltivavo. Il mio rango sociale era medio-alto. Per questo mi sono concesso la libertà di farmi qualche funghetto allucinogeno. Stravedevo per lo stambecco, quella fu la mia ultima cena. I tatuaggi erano la mia passione, ne ho addirittura 57, piccoli e tutti fatti inserendo erbe secche direttamente sulla pelle. MI sono allontanato troppo e sono morto di freddo. A proposito, state in campana con l’effetto serra: i ghiacciai si stanno sciogliendo. Io ne sono la prova vivente, pardon, mummificata”.