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Omicidio Gatti, il pentito Giuliano: “Quando mi chiesero di ucciderlo c’era anche Gigi D’Alessio”

di Emiliano Condò |1 Luglio 2010 15:34

Gigi D'Alessio

Spunta anche il nome di Gigi D’Alessio nell’indagine sull’omicidio di Nicola Gatti, assassinato il 30 agosto del ‘93 per uno “sgarro” al clan Giuliano di Forcella. A fare il nome del cantante, che è estraneo all’inchiesta,  è stato il boss pentito Luigi Giuliano. Il camorrista ha raccontato agli investigatori che  suo cognato Giuseppe Roberti, alla presenza del cantante Gigi D’Alessio, gli chiese di aiutarlo ad uccidere Gatti, reo di aver avuto una relazione con le figlie dello stesso Roberti e di Erminia Celeste Giuliano.

Con D’Alessio  l’ex capoclan collaborava infatti nella scrittura di alcune canzoni diventate poi famose. A supporto della sua affermazione, il capoclan pentito ha dichiarato a verbale: ”Potete citare come testimoni Massimo Capasso (un diacono, ndr) ed anche Gigi D’Alessio che, artisticamente parlando, e’ nato in quell’ufficio”.

Giuliano ha chiarito anche perchè, a suo avviso, il cognato sbagliava a considerare la relazione tra Nicola e le figlie un disonore: Roberti, infatti, aveva accettato in silenzio la relazione tra la moglie Celeste ed il boss del Vasto Patrizio Bosti.

Questo il racconto di Giuliano: ‘Roberti Giuseppe ‘capa vacante’ (testa vuota, ndr) venne da me e voleva che io mi occupassi di uccidere quel giovane, che, a suo dire, aveva disonorato sua figlia Gemma, nel senso che aveva indotto quest’ultima a prendere la droga. Io gli dissi: Peppino, lo sai che io mi sono inserito in un ambiente artistico, culturale; non è che non voglio farti il piacere, solo sto cercando di uscire da quell’ambiente malavitoso. Era infatti il periodo in cui io stavo scrivendo poesie, avevo contatti con i cantanti, e poi stavo cominciando a pensare di uscire da quel mondo malefico. E poi io pensai che, se aveva sbagliato il ragazzo, aveva sbagliato anche la moglie di capavacante, cioe’ mia sorella Celeste”.

”Gia’ nel 1984 – racconta Luigi Giuliano – mia sorella Celeste divenne l’amante di Bosti Patrizio; io lo venni a sapere, ne parlai nella mia famiglia e tutti mi dissero che io ero pazzo a dire una cosa del genere, che si trattava, da parte mia, di un’insinuazione calunniosa, perche’ non era possibile questo fatto. Celeste giurava che non era vero; ma poi il tempo mi ha dato ragione. In pratica io non mi fidavo ne’ di lui ne’ di mia sorella. Quanto a lui (Roberti, ndr), si trattava di un confidente dei carabinieri, poi faceva trovare le armi alla polizia, facendo arrestare gente innocente; poi si e’ fatto i miliardi. Insomma, quando vedevo lui e la moglie, cioe’ mia sorella, mi veniva voglia di fuggire, perche’ per me loro due erano la stessa cosa. Insomma, lui mi diceva che, a causa di quel ragazzo, era entrato il disonore a casa sua, ma io pensai che lui, l’onore, non lo aveva mai avuto, proprio a causa di quello che ora ho raccontato a proposito di sua moglie”.

Alla domanda del pm sul periodo in cui Roberti gli fece quella richiesta, Luigi Giuliano risponde: ”Verso l’inizio degli anni ’90. Dico questo perche’ ricordo che lui venne nell’ufficio che io avevo aperto in via Cesare Sersale, nella zona di Forcella; in questo ufficio vi era attrezzatura musicale (chitarre, pianoforti, ecc.) e li’ mi incontravo con i cantanti (tra cui Gigi D’Alessio), con Massimo Capasso (un diacono) e scrivevo canzoni. Potete citare come testimoni Massimo Capasso ed anche Gigi D’Alessio, che, artisticamente parlando, e’ nato in quell’ufficio”.

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