RAGUSA – Una certezza: il nonno Andrea Stival non era in casa di sua nuora al momento del delitto. Un’ipotesi: Veronica Panarello potrebbe avere avuto una relazione con il suocero, come afferma lei stessa, ma della quale non c’è riscontro. Ma che fornisce un “ipotetico movente” alla donna. E’ la tesi della Procura di Ragusa sostenuta davanti al Gup di Ragusa, Andrea Reale, nel chiedere 30 anni di reclusione per l’imputata accusata di avere ucciso il figlio Loris di 8 anni e di averne poi nascosto il corpo nel canalone di contrada Mulino Vecchio.
Nessuna attenuante le concedono il procuratore Carmelo Petralia e il sostituto Marco Rota, che la ritengono “colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio”. Ma anche perché, sostiene l’Accusa, è “una manipolatrice”, che ha “mentito più volte, negando anche l’evidenza” e “adattando le sue ricostruzioni, di volta in volta, a ciò che emergeva dalle indagini”, grazie anche “alla sua profonda conoscenza degli atti processuali”.
La richiesta di condanna è arrivata al termine di una requisitoria in cui la donna è stata descritta dal procuratore come “egocentrica, bugiarda e manipolatrice” a causa di un “protagonismo esagerato”.
“La tesi di Veronica Panarello di una presunta relazione tra lei e Andrea Stival è falsa come risulta dimostrato dagli atti processuali. Il movente del delitto potrebbe essere legato al rapporto conflittuale che aveva con il figlio Loris”, ha detto l’avvocato del suocero della donna, Francesco Biazzo, sottolineando che “anche su questo il pm nelle sua requisitoria ha speso tante parole”. Il penalista ha sottolineato come “la Procura ha escluso in maniera inoppugnabile la presenza di Andrea Stival sul luogo del delitto e definito attendibilissima e inattaccabile la testimonianza della sua compagna”. Secondo l’avvocato “Veronica Stival ha tirato nel processo l’unica persona che le era rimasta vicina”.
LA REAZIONE DI VERONICA PANARELLO – “Trent’anni?”: è l’unica frase pronunciata in aula da Veronica Panarello subito dopo la richiesta di condanna della Procura di Ragusa. La donna poi si è chiusa in silenzio assoluto. Lo riferisce il suo legale, l’avvocato Francesco Villardita, che esce dalla requisitoria con la convinzione che “oggi la difesa ha fatto un passo avanti con le motivazioni della Procura. Anche se – ha precisato – può sembrare strano questo ‘credo e non credo’: credo all’ipotesi di relazione sessuale ma non credo alla compartecipazione del suocero nell’omicidio. Sarà interessante ascoltare le parti civili, soprattutto quella del suocero che nel processo è parte civile ma fuori è indagato per concorso nell’omicidio”.
IL PROCESSO – In aula, al processo che si tiene a porte chiuse, ci sono il padre della donna, Francesco, che continua a considerarla innocente, il marito Davide Stival, che “non le crede”, e il suocero Andrea, che lei accusa di essere stato il suo amante e di essere l’esecutore materiale del delitto.
Per gli investigatori l’uomo però “non è collocabile” nella casa della donna il 29 novembre del 2014, al momento delitto. “Mente dicendo il falso – accusa Veronica Panarello l’avvocato Francesco Biazzo che assiste Andrea Stival – le carte processuali la smentiscono. E non sono stati amanti”.
Ma per Francesco Villardita, avvocato di Veronica Panarello, “non c’è la ‘pistola fumante’ che dimostra la sua presenza in casa, ma ci sono tanti piccoli elementi che, come in un puzzle, lo acclarano. Poi sarà il giudice a decidere”.
Sul coinvolgimento del padre nel delitto non crede neppure Davide Stival: “Abbiamo le nostre idee – osserva il suo legale, l’avvocato Daniele Scrofani – ma Davide non le crede. La presunta relazione? Premesso che non possiamo escludere neppure che ci sia il terremoto tra poco, pensiamo che non rientri nel campo del possibile, non ci sono elementi. Nessuno”.