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Omicidio di via Poma, ascoltato in procura il figlio di Pietro Vanacore

di admin |7 Dicembre 2010 19:53

Pietrino Vanacore

Aveva espresso dei dubbi sul suicidio del padre, Pietro Vanacore, il portiere dello stabile di via Poma dove nell’agosto del 1990 venne assassinata Simonetta Cesaroni. Per questo motivo il sostituto procuratore presso il tribunale di Taranto Maurizio Carbone ha ascoltato oggi nel suo ufficio al palazzo di giustizia Mario Vanacore, figlio maggiore di Pietro.

Pietro Vanacore si è suicidato il 9 marzo scorso nelle acque di Torre Ovo, sul litorale del comune di Torricella. Il figlio dell’ex portiere di via Poma era stato convocato dal magistrato, in qualità di ‘persona informata sui fatti’, in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate nei mesi scorsi agli organi di informazione nelle quali aveva espresso dubbi sul fatto che il padre si fosse effettivamente tolto la vita.

Per quanto si è appreso da fonti giudiziarie, oggi Mario Vanacore avrebbe manifestato meno dubbi sull’ipotesi del suicidio, anche sulla base di colloqui avuti con persone residenti in località Monacizzo, frazione di Torricella, dove abitava il padre. Chi frequentava Pietro Vanacore avrebbe indicato che negli ultimi tempi l’uomo appariva alquanto depresso. Mario Vanacore avrebbe inoltre confermato oggi che sarebbe proprio quello del padre il tratto grafico delle scritte, indicanti la volontà di farla finita, riportate su tre cartelli e un biglietto trovati dagli inquirenti nell’auto e nel garage di Vanacore dopo il suicidio.

Pietro Vanacore fu indagato e alla fine assolto dall’accusa di aver ucciso Simonetta Cesaroni. Il cadavere dell’uomo venne trovato il 9 marzo scorso a cinque metri dalla riva nello specchio d’acqua antistante il litorale di Torre Ovo. Il corpo aveva una caviglia agganciata a una fune legata a un albero. L’uomo sarebbe annegato in poco più di mezzo metro d’acqua.

Nell’auto di Vanacore, una Citroen Ax, oltre a tracce di un anticrittogamico, fu trovata una bottiglia di antigelo, ma l’autopsia ha stabilito che l’uomo non aveva ingerito alcun veleno. Nel fascicolo d’inchiesta aperto dalla Procura di Taranto si ipotizza il reato, a carico di ignoti, di istigazione al suicidio. Il pm Carbone ha anche affidato una perizia grafologica, la cui relazione dovrebbe essere consegnata prima di Natale, su tre cartelli e un bigliettino di carta, quest’ultimo forse utilizzato preventivamente come prova di scrittura, trovati i primi in casa e l’altro nel garage dell’abitazione di Vanacore.

Su cartelli e biglietto erano riportate frasi quali ”Venti anni di persecuzioni: sono stanco delle angherie”, e ancora ”Venti anni di martirio senza colpa e di sofferenza portano al suicidio”.

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