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La corsa all’oro, a venderlo: orologio e collanina a 1.800 dollari

di Mino Fuccillo |17 Agosto 2011 12:21

ROMA – Curioso paese l’Italia: su uno dei suoi maggiori quotidiani, La Stampa, si può leggere che “A New York fanno la fila sulla 47° strada davanti ai negozi che acquistano oro per scambiare anelli e catenine di famiglia in cambio di dollari. Si tratta di un fenomeno insolito per Manhattan…”.  E’ la corsa all’oro, a venderlo. Perché l’oro oggi vale 1.800 dollari l’oncia, 1.800 dollari per circa trenta grammi. La corrispondenza de La Stampa riporta la spiegazione di Robin Russo, manager di un  Gold Exchanges: “Non ho mai visto nulla di simile in trenta anni, si tratta di un assalto dei venditori che ha trasformato in pochi giorni la mia attività, non sono più qui a vendere gioielli piccoli e grandi ma acquisto in continuazione, fino a sentirmi trasformato in una sorta di distributore  di prestiti di modesta entità”. Fa eco Michael Tobak, proprietario dell’omonima ditta: “Tutto è iniziato quando il metallo giallo ha toccato i 1.800 dollari, la gente comune è arrivata in massa nel mio come in altri negozi per vendere tutto, temendo che la quotazione possa iniziare a scendere”. Bravo Maurizio Molinari, il corrispondente che da New York si è accorto di ciò che succede a New York, ma l’Italia è un  curioso paese.

Curioso perché qui in Italia se leggi i giornali puoi sapere cosa accade a New York, un po’ meno quel che succede in Italia. Una breve visita a tre gioiellieri di quartiere, una mini indagine artigianale effettuata sotto casa a Roma offre un risultato inequivocabile: la corsa all’oro, a venderlo, è partita anche in Italia. Anche qui i gioiellieri, almeno quelli non particolarmente “griffati”, acquistano più che vendere. Anche qui, se non proprio la fila, c’è una costante processione di gente comune e normale che si va a vendere la collanina o l’orologio. Per indigenza, come al Banco dei Pegni? No, la spinta a vendere è duplice e mista. Si pensa di fare un affare, di profittare di quella maxi valutazione dell’oro. E ci si aggiunge il calcolo che, con con “l’affare”, si evita di dover rinunciare a qualche consumo e si sostiene, almeno momentaneamente, il reddito. Non vanno a vendere i poveri, cercano, trattano la vendita dell’oro che sta nel cassetto di casa i “medi” e perfino qualche “agiato”. Con scene di straordinaria contrattazione: chi sa quanti carati ci sono davvero nell’oro di una cassa dell’orologio?

 

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