Padova, allarme Epatite A: 15 casi in via Umberto I. Mangiavano allo stesso bar Padova, allarme Epatite A: 15 casi in via Umberto I. Mangiavano allo stesso bar

Padova, allarme Epatite A: 15 casi in via Umberto I. Mangiavano allo stesso bar

Padova, allarme Epatite A: 15 casi in via Umberto I. Mangiavano allo stesso bar
Padova, allarme Epatite A: 15 casi in via Umberto I. Mangiavano allo stesso bar

PADOVA – E’ allarme a Padova per una concentrazione di casi di Epatite A. Circa una quindicina le diagnosi finora accertate: tutti commercianti e professionisti che lavorano in via Umberto I, a due passi da Prato della Valle. Il sospetto è che si siano ammalati mangiando gli stessi tramezzini contaminati.

I più fortunati se la sono cavata con una settimana di ricovero, altri anche di venti giorni. Secondo quanto riporta Il Mattino di Padova, ci sarebbe anche un indiziato: il bar Bacaro Quadri al civico 58, perché è lì che spesso si recavano in pausa pranzo. Ma il titolare si difende: “Sono solo cattiverie, qui è tutto in regola”.

Nel rione da oltre un mese tutti non fanno che parlare di questa storia. Il passaparola è passato di negozio in negozio, di studio in studio.

Anche i residenti, nell’arco di breve tempo, ne sono venuti a conoscenza. Qualcuno ha pensato che fosse il caso di accertare se il bar rispettasse tutte le norme igienico-sanitarie, se fosse in regola.

E così la segnalazione è arrivata all’Usl. Gli ispettori sono usciti un paio di volte e hanno controllato da cima a fondo l’esercizio commerciale. Non hanno trovato nulla di irregolare, com’era prevedibile.

Il problema infatti non era tanto di conservazione dei cibi o di mancata osservanza delle leggi, quanto di contaminazione. Difficile dunque trovare qualcosa che non andasse. Difficile anche provare di aver contratto la malattia proprio in quel luogo.

Dopo essere state sottoposte a tutte le cure necessarie, le persone contagiate dall’epatite A infatti si sono messe in contatto tra loro con l’intento di vedere se fosse possibile denunciare il bar.

«Il problema è che non è facile dimostrare che abbiamo contratto il virus proprio in questo bar, anche se la logica dice questo», spiega una professionista con studio lungo la via, «Addirittura il barista, dopo un primo momento in cui ha respinto qualsiasi responsabilità, è andato personalmente a scusarsi con uno di noi per l’accaduto. Ma ormai era troppo tardi, la malattia era in corso e molti si trovavano già ricoverati all’ospedale».

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