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Padova, in 10mila per Sant’Antonio. E il sacerdote cita Fiorella Mannoia

di Maria Elena Perrero |21 Febbraio 2017 11:15

PADOVA – In diecimila si sono ritrovati domenica 19 febbraio alla Festa della lingua a Padova, per la traslazione delle reliquie di Sant’Antonio. E nell’omelia, padre Giovanni Voltan cita Fiorella Mannoia e la sua canzone presentata dal Festival di Sanremo, “Che tu sia benedetta”.

In tutto domenica sono state ben quattro le funzioni che hanno ricordato dunque il ritrovamento della lingua incorrotta di Sant’Antonio oltre 750 anni fa, dopo più di trent’anni dalla sua morte, ricorda il Mattino di Padova. 

I fedeli hanno gremito la chiesa fin dalla messa delle 8, celebrata dal rettore, padre Oliviero Svanera. Due ore dopo è stato padre Fabio Scarsato, direttore editoriale del Messaggero di Sant’Antonio, a celebrare la santa messa per gli associati della rivista. Quindi, alle 11, è toccato all’arcivescovo Giovanni Tonucci, delegato pontifico per la basilica.

Ma la messa più attesa è stata quella cantata delle 17, presieduta da padre Giovanni Voltan, ministro provinciale dei Frati minori conventuali. Una messa accompagnata dal coro della Cappella musicale antoniana.

Duemila le persone che hanno partecipato alla processione con la reliquia del mento di sant’Antonio portata a spalla dai confratelli della Pia Unione dei Macellai del Santo.

Spiega il Mattino di Padova:

La reliquia che richiama la potenza della parola di Dio, proclamata e testimoniata da sant’Antonio. A distanza di secoli è tuttora visibile, incorrotta, nel reliquiario della Cappella del Tesoro della basilica. Padre Voltan ha scelto le parole di Fiorella Mannoia all’ultimo Festival di San Remo per spiegare la potenza della lingua: «Che sia benedetta questa vita, per quanto assurda e complessa ci sembri la vita è perfetta. Per quanto sembri incoerente e testarda se cadi ti aspetta. Siamo eterno, siamo passi, siamo storie. Siamo figli della nostra verità». Quindi il ministro provinciale è andato più in profondità: «Benedire sta per dire bene», ha continuato. «Da alcuni anni la nostra lingua fisica ha l’estensione della tecnica: cellulari, pc, media, una potenzialità enorme di bene ma anche un alto rischio di farsi e fare male. Oggi la lingua del Santo ci direbbe di guardare al Signore: viviamo una vita breve e dobbiamo operare il bene, senza inseguire cose o sogni mondani».

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