Padova, contrae Hiv durante le ricerche per la tesi. Studentessa denuncia 2 Università. Ma come è successo?

Padova, contrae Hiv durante le ricerche per la tesi. Studentessa denuncia 2 Università. Ma come è successo?
Un laboratorio di ricerca (Foto archivio Ansa)

PADOVA – Ha contratto l’Hiv mentre faceva ricerche in laboratorio per la sua tesi di laurea. E’ la storia di Federica (il nome è di fantasia), studentessa di Padova che al Corriere della Sera racconta il suo calvario, cominciato 7 anni fa. Oggi Federica ha deciso di denunciare due Università, quella italiana alla quale era iscritta e quella straniera in cui si era recata per perfezionare gli esperimenti. 

“Lo faccio- spiega – per tutti i giovani come me, che consegnano le loro vite nelle mani di chi dovrebbe tutelarle. Perché nessun altro sia costretto ad affrontare il mio calvario”. Tutto ha inizio durante le feste di Natale, quando la giovane, come era solita fare, si sottopone a un prelievo per donare il sangue. Pochi giorni dopo però, riceve una telefonata che le sconvolgerà la vita: il medico dell’ambulatorio le rivela che è sieropositiva e la sua vita va improvvisamente in frantumi.

“Il mio ragazzo, con cui stavo insieme da 6 anni, mi lascia. E io, a mia volta, mi chiudo in casa, sprofondando in uno stato di grave depressione”, racconta. Nonostante tutto però Federica ripensa “subito agli esperimenti che avevo fatto sette mesi prima mentre ero all’estero: mi erano stati fatti manipolare pezzi del virus. Ma erano virus che non potevano replicarsi, detti difettivi. In teoria un’operazione senza rischi”.

Come sia potuto allora avvenire il contagio? Resta un mistero. Forse un guanto bucato, forse la minore attenzione a tutte le precauzioni del caso, nella convinzione che quel virus che stava maneggiando non fosse contagioso. L’unica certezza è che si sia infettata proprio lì, in quell’ateneo europeo: analisi successive hanno infatti dimostrato che il virus da lei contratto non è quello circolante tra gli esseri umani, ma è proprio quello costruito in laboratorio, ha la stessa sequenza genetica. 

“La verità – dice – è che non ho idea di cosa possa essere accaduto. Da allora me lo chiedo tutti i giorni. L’unica certezza è che non dovevo essere esposta a un virus capace di replicazione”. Chi ha commesso quindi il fatale errore e quando? Per Federica la responsabilità è di entrambe le Università perché “nessuno preparò me e gli altri studenti che entrarono in quel laboratorio a quegli esperimenti. Non ricevemmo alcun corso, nessuna indicazione sulla sicurezza. Com’è possibile che ragazzi così giovani siano messi in tali condizioni?”. E, in tutti questi anni, “né l’Università italiana, dove mi sono laureata con 110 e lode, né quella straniera dove è avvenuto l’incidente, si sono interessate” a lei. 

Fonte: Corriere della Sera

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