Padre condannato per stalking alla figlia, la Cassazione conferma: troppo assillante, atti persecutori Padre condannato per stalking alla figlia, la Cassazione conferma: troppo assillante, atti persecutori

Padre condannato per stalking alla figlia, la Cassazione conferma: troppo assillante, atti persecutori

Un padre è stato condannato per stalking nei confronti della figlia con sentenza confermata dalla Corte di Cassazione. I giudici della Suprema Corte hanno confermato la condanna in secondo grado per atti persecutori nei confronti dell’uomo, separato dalla madre della giovane. 

Secondo quanto riferisce il Messaggero, l’uomo si sarebbe in diverse occasioni presentato dalla figlia, minorenne all’epoca dei fatti contestati, senza preavviso e mettendola in imbarazzo davanti ai professori e ai compagni di scuola. 

Per la Cassazione è stalking: padre condannato

Secondo i magistrati questo atteggiamento avrebbe procurato alla ragazza uno stato di angoscia con gli stessi contorni della sensazione di disagio profondo causata dallo stalking. 

In tribunale l’uomo, che con la figlia aveva un rapporto conflittuale, ha detto che non era sua intenzione creare ansia nella ragazza, quando cercare di ricucire con lei i rapporti. 

Ma per i giudici i comportamenti del padre erano eccessivi e non rispettosi della volontà della ragazza. 

La versione del padre condannato per stalking

In sua difesa il padre ha definito inattendibili le deposizioni rese dalla ex moglie e dalla figlia perché “dettate dalla situazione di conflitto” tra lui e la donna. 

Inoltre l’uomo ha sostenuto che la ragazza non ha mai cambiato le proprie abitudini di vita e quindi non si sarebbero verificati, secondo lui, “stati di ansia, paura o fondato timore per l’incolumità”.

La decisione dei giudici della Corte di Cassazione

Diversa l’interpretazione dei giudizi, che hanno sottolineato come “per ritenere integrata la fattispecie di atti persecutori non occorre che la personalità della vittima venga annullata, al contrario, la stessa pare compatibile con il tentativo di reagire alle condotte persecutorie”.

Nonostante la conferma della condanna in Cassazione l’uomo continua a sostenere la propria tesi, riferisce il Messaggero: “È convinto di non aver commesso un reato, ma di essersi comportato in quel modo per poter svolgere il suo ruolo di padre“, si legge nella sentenza.

Gestione cookie