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“Caccia allo sbirro”: la delirante pagina Facebook che mette alla gogna i poliziotti

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“Caccia allo sbirro”: la delirante pagina Facebook che mette alla gogna i poliziotti

NAPOLI – Era stata chiusa dalla polizia postale ma adesso è tornata. Si tratta della pagina Facebook “Caccia allo sbirro” dove sono presenti minacce esplicite rivolte ai rappresentanti delle forze dell’ordine. Una sorta di “wanted” mediatico: un vero e proprio schedario che si propone di individuare, identificare e rintracciare uomini e donne in divisa per “mettere alla gogna gli agenti che imperversano contro le masse popolari”.

Rispetto al febbraio scorso, quando si riuscì ad oscurare la pagina web, oggi c’è un’altra novità a dir poco allarmante. Due poliziotti napoletani – il primo, ex dirigente della Questura di via Medina, e il secondo, un ispettore in servizio alla Digos di Napoli – vengono indicati come “schiavi del regime”. Entrambi indicati ed associati, nel delirante messaggio postato da chi ha riaperto il portale, come “infiltrati, spie, collaboratori del regime non conosciuti alle masse popolari”.

La notizia viene riportata da Giuseppe Crimaldi per Il Mattino che scrive:

Tra gli «sbirri che difendono i fasci» (questo si legge sulla pagina improvvisamente ricomparsa in quell’abisso che è il dark web) adesso compare anche il nome dell’ex dirigente della Digos di Napoli, Antonio Sbordone. Dirigente e poliziotto sempre in prima linea, Sbordone è attualmente questore di Reggio Emilia, dopo esserlo stato per oltre due anni a Ferrara. A lui viene dedicata una pagina web sulla quale compare una foto «identificativa» (peraltro sbagliata) all’interno della quale compaiono quattro campi vuoti che si chiede agli utenti di compilare. L’obiettivo è chiaro: si chiede a chiunque abbia notizie sulla vita privata, sui luoghi che frequenta e persino sull’indirizzo privato dell’abitazione di indicare notizie e informazioni utili ad identificare l’obiettivo. Nella schermata si legge infatti di indicare «Corpo, unità, grado» del dirigente, ed ancora la «zona operativa di competenza» e persino «l’abitazione in cui risiede attualmente».

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