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Parmalat-acque Ciappazzi, Cassazione: pene più lievi per Geronzi e Arpe

di Emiliano Condò |6 Dicembre 2014 7:58

Pamalat-acque Ciappazzi, Cassazione: pene più lievi per Geronzi e Arpe

ROMA – Tutti da condannare ma con pene più lievi. La Cassazione conferma l’impianto delle condanne emesse dalla Corte d’appello di Bologna per gli allora vertici di Capitalia, Cesare Geronzi e Matteo Arpe, per la vendita alla Parmalat delle acque minerali Ciappazzi. La Corte  ha però disposto un nuovo processo di secondo grado che dovrà rideterminare al ribasso le pene. 

In particolare, la Quinta sezione penale della Cassazione ha annullato la sentenza d’Appello senza rinvio per prescrizione, relativamente al reato di usura imputato a Geronzi, e ha annullato, con rinvio per la rideterminazione della pena, relativamente ad alcune ipotesi di bancarotta contestate a diversi imputati, tra cui Arpe e lo stesso Geronzi.

Infatti la Corte ha dichiarato assorbite nel reato di bancarotta per distrazione due ipotesi di bancarotta per operazioni dolose; rimane invece la bancarotta societaria. In sintesi, quindi, passa in giudicato la responsabilità degli imputati anche se un nuovo processo davanti alla corte d’appello di Bologna dovrà rivedere le pene al ribasso. La vicenda al centro del processo è quella della vendita delle acque minerali Ciappazzi, uno dei filoni del crac del gruppo Parmalat.

Imputati sono l’ex presidente di Banca di Roma-Capitalia Geronzi, l’allora direttore generale di Capitalia Arpe e altri sei manager della banca. Lunedì scorso il pg Pietro Gaeta aveva chiesto la conferma delle condanne di secondo grado nei confronti di tutti gli imputati, sottolineando come l’accusa fosse stata ampiamente dimostrata dai magistrati bolognesi. Geronzi in appello era stato condannato a cinque anni per bancarotta e usura, e Arpe a tre anni e sette mesi per la sola bancarotta. .

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