Pamela Mastropietro giallo Pamela Mastropietro giallo

Pamela Mastropietro, nella casa c’era un quarto uomo. E il racconto del tassista abusivo…

Pamela Mastropietro giallo
Il caso Pamela Mastropietro su Giallo

ROMA – Nella casa dove è stata uccisa Pamela Mastropietro, in via Spalato a Macerata, c’era un quarto uomo. L’hanno visto salire nell’appartamento e poi scendere qualche ora dopo. Quel 30 gennaio, proprio nelle ore in cui la 18enne veniva uccisa e il suo corpo smembrato. L’indiscrezione la riporta il settimanale Giallo. Che rivela l’esistenza di un testimone oculare che ha visto distintamente quell’uomo nello stabile di via Spalato. Un testimone considerato “attendibile” dagli inquirenti, che rende certa la presenza di un quarto uomo nell’appartamento della morte.

Grazie alla sua descrizione, scrive Giallo, gli investigatori sono giunti a sapere nazionalità e nome dell’uomo: un ghanese di nome Hassan. Dopo aver lasciato l’appartamento, il ghanese avrebbe lasciato in tutta fretta Macerata e fatto perdere le sue tracce, nonostante risiedesse nella città marchigiana da qualche mese. Tanto è stata precipitosa la sua fuga, che Hassan ha abbandonato il telefono e perfino i suoi vestiti. Potrebbe essere proprio lui ad aver fatto a pezzi il cadavere della 18enne romana. E’ stato anche appurato, riporta sempre Giallo, che Hassan conosceva Innocent Oseghale perché da mesi frequentava casa sua.

C’è inoltre un’altra persona che potrebbe sapere molto più di quanto ha raccontato. Stiamo parlando del tassista abusivo che ha accompagnato Innocent sul luogo in cui sono state abbandonate le due valigie con all’interno i resti di Pamela Mastropietro. Si chiama Mouthong Tchomchoue, conosciuto a Macerata come Patrick. I suoi “clienti” lo chiamano così.

Riguardo a questo soggetto, i giudici scrivono nell’ordinanza: “Alle ore 22 del 30 gennaio veniva chiamato per portarlo a Tolentino da soggetto nigeriano che a volte lo chiamava quando necessitava di un passaggio (il riferimento è a Innocent, ndr). Giunto al suo domicilio, in via Spalato, il cliente scendeva con due valigie, che curava di caricare personalmente, rifiutando l’aiuto offertogli. Sulla via per Tolentino gli diceva di svoltare per Pollenza e poi gli diceva di accostare, scaricava le due valigie a bordo strada e gli ordinava di tornare a Macerata. Dopo la notizia del rinvenimento del cadavere, Tchomchoue tornava dove aveva accostato e vedeva delle persone che facevano foto e riprese video. A quel punto si recava dalla polizia a riferire quanto a lui noto. Durante il viaggio faceva una telefonata con una donna. In successiva audizione, del 2 febbraio, integrava le proprie dichiarazioni riferendo che era giunto in via Spalato verso le 22.55 alla guida della vettura Opel Zafira di un suo amico, che durante il viaggio di andata Innocent Oseghale aveva fatto una lunga telefonata in lingua inglese e al ritorno una telefonata con una donna. Incuriosito dalla condotta del passeggero, era poi tornato sul luogo ove erano state lasciate le valigie e, apertone una, vedeva all’interno la mano di una donna. Incredulo, rientrava quindi a Macerata”.

C’è un altro dettaglio che non torna. Come ha fatto a stabilire, al buio poiché quasi mezzanotte, che la mano mozzata fosse di una donna? È cosa nota che i resti di Pamela, dissanguati e lavati con la varechina, fossero irriconoscibili. Inoltre, appare alquanto strana la circostanza che proprio quella sera, per accompagnare Innocent, Tchomchoue abbia utilizzato la macchina di un conoscente e non la propria. Il sospetto è che Innocent si fosse confidato con lui oppure che Tchomchoue avesse intuito qualcosa dalle telefonate di Oseghale.

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