Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale: “Non l’ho uccisa, l’ho solo fatta a pezzi”

Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale: "Non l'ho uccisa, l'ho solo fatta a pezzi"
Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale: “Non l’ho uccisa, l’ho solo fatta a pezzi” (Foto Ansa)

MACERATA  –  Al processo per l’omicidio di Pamela Mastropietro mercoledì è stato il giorno di Innocent Oseghale. “Non ho ucciso Pamela, volevo dirlo davanti ai suoi familiari”, ha detto in Corte d’Assise il pusher nigeriano, 30 anni, accusato di aver ucciso e fatto a pezzi il corpo della ragazza a Macerata il 30 gennaio 2018.

Dichiarazioni spontanee in inglese, tradotte da una interprete, per ripercorrere la giornata con la diciottenne, scappata il giorno prima dalla comunità Pars di Corridonia, che lo aveva avvicinato ai giardini per chiedergli eroina.

Pur confermando di aver fatto a pezzi il corpo della ragazza e di averlo nascosto dentro due valigie, Oseghale ha ribadito di non aver accoltellato Pamela, come invece sostengono consulenze di accusa e parte civile. “Pagherò per quello che ho fatto – ha detto Oseghale -, ma non per quello che non ho commesso”.

La giovane, secondo la sua versione dei fatti, si iniettò eroina nella mansarda di via Spalato mentre era con lui; poi si sentì male, cadde dal letto e, quando sembrava essersi ripresa, lui sarebbe uscito per cedere marijuana trovandola poi senza vita al ritorno a casa. Una versione già fornita tramite i suoi avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi. Questa volta però l’ha detta ‘dal vivo’.

Una “commedia”, ha commentato l’avvocato di parte civile Marco Valerio Verni, zio della ragazza: “Doveva farsi interrogare”. Mentre l’imputato parlava, la madre di Pamela, Alessandra Verni, è uscita dall’aula mentre il padre Stefano Mastropietro lo ha ascoltato fino alla fine.

Il pusher ha sostenuto che fu Desmond Lucky a procurare l’eroina alla giovane e che lui smembrò il corpo da solo. Gli avvocati Matraxia e Gramenzi hanno chiesto una perizia, nuovi esami istologici sulle ferite riscontrate su Pamela all’altezza del fegato, per chiarire se furono inferte quando era ancora viva. I giudici decideranno il 24 aprile se disporla. Nel caso di decisione negativa il processo si discuterà alle udienze dell’8, 15 e 29 maggio.

Oseghale è apparso tranquillo in aula al fianco dei suoi legali. In udienza duello tra i consulenti delle parti con tanto di confronto diretto su tavoli contrapposti davanti alla Corte: gli esperti della difesa hanno sostenuto l’assenza di elementi certi per escludere che Pamela morì d’overdose e per stabilire che venne accoltellata quando il suo cuore batteva ancora. Opinioni opposte hanno espresso i tecnici di accusa e parte civile.

Acceso confronto in aula anche tra la criminologa Roberta Bruzzone, consulente della famiglia della vittima, e la psicologa Antonella Zecchini, incaricata dalla difesa: secondo Bruzzone, Pamela non era capace di autodeterminarsi a causa di un grave disturbo borderline che la poneva in balia di chiunque incontrasse e che era difficilmente contenibile con farmaci. Di diverso avviso la consulente della difesa, secondo cui invece il disturbo della ragazza non la rendeva incapace e chi la incontrava non poteva rendersi conto delle sue precarie condizioni psicofisiche. (Fonte: Ansa)

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