ROMA – Circa una baguette su quattro di quelle che acquistiamo al supermercato viene dalla Transilvania, Romania. E’ saporita, costa poco, a volte sembra appena sfornata perché ancora un po’ calda. Non è così. E’ precotta, surgelata e riscaldata. Fragranza e freschezza sono illusori. Soprattutto non è possibile, a dispetto delle direttive europee, conoscerne l’origine e e gli aspetti igienici. L’Italia non obbliga nessuno a scrivere sull’etichetta la provenienza del prodotto pane. Un diritto negato al consumatore. E un danno per i panificatori italiani, schiacciati da una concorrenza aggressiva e sostanzialmente anonima. Gli unici a guadagnarci sono gli importatori ben consapevoli dell’assenza di una normativa stringente.
C’è da star sicuri a mangiare questo pane? Per ora non sono state riscontrate anomalie, anche perché non esistono elementi per la tracciabilità. Dalla terra di Dracula ci arrivano quindi fantasmi inafferrabili. Si consideri poi che tra i maggiori consumatori (forzati, perché senza diritto di scelta) ci sono gli alunni nelle scuole, i lavoratori a mensa. Ci fosse l’indicazione obbligatoria sull’etichetta potremmo scegliere. Accanto al pane di Genzano, di Terni, la michetta mantovana e l’infinità varietà regionale italiana, si dovrebbe poter leggere pane di Timisoara, sfilatino di Bucarest, pagnotta di Cluj, baguette di Costanza. E’ certo che l’opzione di acquisto nazionale salirebbe all’istante. Per ora vince il basso prezzo.
Il pane rumeno costa al produttore la metà di quello italiano. I nostri non possono reggere il confronto con i costi di produzione e di manodopera. Abbattuti di un buon 60%. Abbattimento che si riflette sui prezzi. Un chilo di pane transilvano costa 2 euro. Meno della metà di quello nostrano (4/5 euro). Le importazioni dalla Romania di prodotti a base di cereali sono più che raddoppiate nell’ultimo anno. Ben 1,3 milioni di chili, con un più 136 %. ai Solo dieci anni fa erano 6.733 miseri chili. Anche questo è il prezzo della globalizzazione e della libera circolazione delle merci nel mercato europeo. Un valore, intendiamoci: ma che almeno l’Italia si doti delle garanzie minime di tutela della salute. Quella dei consumatori e quella dei 25 panificatori nazionali.
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