Patrizia Reggiani sogna Gucci: “Sono competente, feci shopping in tutto il mondo”

Patrizia Reggiani sogna Gucci: "Sono competente, feci shopping in tutto il mondo"
Patrizia Reggiani sogna Gucci: “Sono competente, feci shopping in tutto il mondo”

ROMA – Patrizia Reggiani sogna Gucci: “Feci shopping in tutto il mondo, sono competente”. “Vorrei tanto rientrare in Gucci“, “mi sento ancora una Gucci, la più Gucci di tutti”. A dirlo è Patrizia Reggiani, condannata per il delitto del marito Maurizio Gucci, in un’intervista a Repubblica, la prima rilasciata dall’omicidio del 27 marzo 1995. La ‘Liz Taylor della griffe’ spiega di voler ricominciare la vita dopo il carcere “dal lavoro. Svilupperò l’aspetto creativo delle cose, testerò il prodotto. Cose che all’epoca facevo anche per Gucci, dove sogno di tornare… Ho delle competenze, per anni ho fatto shopping in tutto il mondo. Intuisco che cosa vuole il cliente di fascia alta. Vengo dai gioielli, ai gioielli torno”, dice riferendosi all’azienda di alta bigiotteria dove lavorerà scontando la pena residua (dal 2013, avendo scontato 16 anni, è uscita dal carcere).

La Reggiani (intravista per le vie del centro di Milano con fedele pappagallo in spalla) di racconta la sua verità sul delitto: Pina Auriemma e Ivano Savioni “mi hanno intortata per estorcermi denaro”. E nega di essere stata la mandante: “Pina raccoglieva le mie confidenze, ma non ho mai commissionato l’omicidio. Lei giocava a poker, aveva grossi debiti”, dice Lady Gucci sottolineando di aver dato alla Auriemma 600 milioni di lire. “Dopo il delitto mi chiama la Auriemma e mi dice: ‘sono stata io a fare tutto’. Ci vediamo nel giardino di un’amica comune. In quell’occasione aggiunge: ‘se non basta uccidiamo anche le ragazze’. Le mie figlie”.

“È andata avanti a minacciarmi. E io ho pagato”. Nega di aver covato rancore verso l’ex marito: “io e Maurizio ci rispettavamo, mi è arrivata la richiesta di divorzio dopo 11 anni: e con quella, una buonuscita fantastica. Non avevo motivi di volergli male”. E al giornalista che le chiede se l’alta società milanese le abbia girato le spalle dice: “in giro mi fermano e mi offrono il caffè. Ma l’umanità vera l’ho conosciuta in carcere. Ora voglio vivere come una donna normale”.

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