MILANO – Il carcere sul pedofilo seriale “non ha prodotto alcun effetto”, hanno stabilito i giudici chiamati a sentenziare su un recidivo.
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E così la Questura di Milano ha deciso di prescrivere, anche nel periodo di detenzione e con il consenso del reo, “un piano trattamentale che lo porti, attraverso indicazioni di tipo clinico-terapeutico realizzate dagli esperti” del Centro italiano per la promozione della mediazione “a prendere coscienza del forte disvalore delle condotte violente in una prospettiva di contenimento degli impulsi sessuali”.
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La decisione del capoluogo lombardo è la prima del genere, ed è la diretta conseguenza di quella presa dai giudici Roia, Tallarida e Pontani che due anni fa dovettero esprimersi sul caso di un uomo di 50 anni che nel 2004 aveva violentato una bambina di 8 anni, nel 2009 una piccola di due anni e nel 2016 una bimba di cinque anni.
Nella sentenza, emessa nel maggio del 2016, i giudici avevano parlato di “sistematica ricaduta nel comportamento illecito”, connessa ad “un disturbo della sessualità non controllabile”, e per questo avevano indicato per il detenuto anche un percorso di cure per limitare le “pulsioni sessuali”.
Il collegio, prendendo anche atto del consenso manifestato dall’uomo (tra l’altro affetto da un ritardo mentale) gli aveva ordinato di contattare “immediatamente” il Cipm (Centro italiano per la promozione della mediazione) per un programma “clinico-terapeutico”.
Nel decreto i giudici avevano ricostruito la vicenda giudiziaria dell’uomo, A.P., 52 anni, “caratterizzata da continue e sistematiche forme di aggressione sessuale”. Del 2016 l’ultimo episodio: violentò una bimba di 5 anni e l’indagine mise in luce che nel 2009 aveva già abusato di una piccola di due anni.
Fu arrestato, dunque, per la seconda volta, nell’aprile di due anni fa ed è ancora detenuto, condannato a 4 anni e 4 mesi di carcere. Il primo arresto, invece, era arrivato nel 2004 per violenze nei confronti di una bimba che aveva meno di 9 anni e per quel fatto era stato condannato a 3 anni e 8 mesi, con una perizia che parlò di un “patologico discontrollo degli impulsi sessuali, le cui tendenze deviate il soggetto non sempre riesce a fare a meno di assecondare”.
Il Tribunale ha anche disposto le altre ‘classiche’ misure di prevenzione, come l’applicazione, una volta che sarà uscito dal carcere, della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per due anni e il divieto di frequentare asili, scuole, parchi o altri luoghi in cui ci sono minori.
La particolarità, però, sta nella decisione proposta dalla Questura di Milano di prescrivere, anche nel periodo di detenzione e col consenso dell’uomo, “un piano trattamentale che lo porti, attraverso indicazioni di tipo clinico-terapeutico realizzate dagli esperti” del Cipm, “a prendere coscienza del forte disvalore delle condotte violente in una prospettiva di contenimento degli impulsi sessuali”.