Pendolare blocca il treno per protesta e diventa un eroe sul web

I treni italiani

Maurizio Carnevali, 45 anni, pendolare esasperato, il 4 marzo scorso è sceso sui binari nella stazione di Santa Margherita Ligure e ha bloccato il treno, poi è stato accompagnato negli uffici della Polfer e denunciato per interruzione di pubblico servizio.

Un’azione apparentemente insensata per cui si sarebbero dovute sollevare le proteste di tutti i passeggeri del treno o di tutti i lettori della notizia indignati. Invece, dai siti dei pendolari di tutt’Italia si è alzata un’onda di solidarietà.

«La denuncia è un gesto sproporzionato — scrivono i pendolari di Gemona Udine— le vere vittime siamo noi», e quelli di Piacenza ricordano «è successo anche alla stazione di Codogno dove pendolari indignati sono scesi sui binari per le stesse identiche ragioni», il comitato pendolari liguri minaccia di «scendere in piazza» se la denuncia contro Carnevali avrà seguito. I comitati dei viaggiatori della Torino-Milano e Milano-Genova si affidano a secche dichiarazioni che sembrano dispacci militari: «Totale solidarietà a Maurizio Carnevali». Poi di nuovo giù in trincea, sul fronte ferroviario.

Ma l’interessato sa di essere diventato l’eroe, il santo dei pendolari? «Me l’hanno detto — risponde Carnevali in pausa pranzo nella ditta genovese in cui lavora —, però non vorrei diventare il santo martire». Un po’, infatti, la denuncia lo preoccupa: «Il giorno dopo a mente fredda uno valuta anche le conseguenze… e io sono un uomo tranquillo».

Ma allora perché quel gesto? Lui racconta: «Ormai da parecchi giorni il treno per Genova in partenza alle 8 e 27 da Santa Margherita arrivava con solo quattro carrozze, più una chiusa. Giovedì era così pieno che quando si sono aperte le porte qualcuno quasi è caduto di sotto. Impossibile salire».

Così i pendolari chiedono perché un vagone è chiuso e se si può aprire. Un passo e Carnevali si è trovato in mezzo ai binari. Dalla banchina parole di incitamento dei pendolari storici e proteste dei viaggiatori che Carnevali chiama «gli occasionali»: «Erano arrabbiati per il ritardo e con loro mi scuso, ma quelli che viaggiano abitualmente erano con me».

«In treno — continua — io passo due ore al giorno, è un pezzo di vita, non lo voglio buttare via. Voglio leggere, discutere con gli amici. Il treno per la mia famiglia è un obbligo e una necessità, io amo il treno, non ne voglio parlare male». Vita da pendolari: «Ogni mattina quando siamo in stazione, io e il mio gruppetto alziamo lo sguardo al tabellone dicendo: come vanno oggi le scommesse? Controlliamo i ritardi del nostro treno e dell’Intercity cui dobbiamo dare precedenza». Poi la beffa di quei vagoni chiusi per «motivi tecnici».

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