Peschereccio mitragliato. “Mentre i libici sparavano i finanzieri erano sottocoperta”

Il peschereccio Ariete mitragliato

Sul ponte del guardacoste i libici sparavano al peschereccio “Ariete” e i nostri finanzieri erano sottocoperta. I dettagli sono del ministero dell’Interno, secondo quanto scrive il Corriere della Sera.

Cosa è successo domenica 12 settembre al largo del Golfo della Sirte, tra Libia e Tunisia? I militari italiani erano a bordo della motovedetta, una delle sei donate dal nostro Paese alla Libia:  per gli accordi ufficiali stipulati con Tripoli però il loro ruolo sarebbe quello di osservatori e consulenti tecnici. Dovrebbero solo guardare, come hanno fatto anche mentre i libici sparavano contro l’Ariete.

Non potevano «eseguire controlli sui mezzi navali individuati», ed erano «in abiti civili, scevri da ogni segno distintivo»: tutto secondo quanto stabilito da Roma e Tripoli nell’intesa contro l’immigrazione clandestina.

Secondo la ricostruzione di due sottufficiali che erano sull’imbarcazione libica «il motopesca è stato avvistato a 30 miglia dalla costa verso le 18 e subito gli è stato intimato di fermarsi».

Prima un avvertimento, poi un altro ma l’«Ariete» guidato dal comandante Gaspare Marrone non avrebbe dato retta all’ordine ricevuto, ma gli altri hanno insistito. A questo punto, i finanzieri avrebbero chiamato via radio l’equipaggio del peschereccio di Mazara del Vallo per comunicare quelle che il Corriere della Sera definisce “inevitabili conseguenze”.

«Il primo avviso è stato inviato con messaggi acustici, il secondo via radio in lingua inglese, il terzo con messaggi ottici. Quando ci siamo resi conto che non avevano intenzioni di fermarsi abbiamo deciso di avvertirli che i libici erano determinati a fare fuoco. I militari che erano con noi a bordo della motovedetta erano pronti ed è stato in quel momento, cioè quando sono partiti gli spari ad altezza di scafo, che siamo scesi sottocoperta», ha spiegato il finanziere.

Questa ricostruzione del “fuoco amico” di domenica non contraddice la versione dei libici secondo cui «il comandante della motovedetta ha deciso di intervenire tentando l’abbordaggio perché gli occupanti del peschereccio stavano commettendo un reato: erano entrati in acque internazionali per la pesca di frodo».

Ma se negli accordi si chiarisce che «gli italiani in missione sono sottoposti alle leggi del Paese ospitante e non possono essere chiamati a rispondere di quanto commesso da altri », allora i finanzieri non dovrebbero essere indagati dalla procura di Agrigento che ha ipotizzato il reato di tentato omicidio.

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