Piacenza, nuovi audio. Carabiniere a figlio: Quel negro massacrato da tutti Piacenza, nuovi audio. Carabiniere a figlio: Quel negro massacrato da tutti

Carabinieri di Piacenza, nuovi audio. Appuntato a figlio 11enne: “Quel negro l’abbiamo massacrato…”

“Ieri mi sono fatto male, perché ho corso dietro a un negro”. Parlava così il leader dei Carabinieri arrestati a Piacenza.

Per il gip di Piacenza, Luca Milani, è questa le personalità di uno dei carabinieri, il leader del gruppetto, accusati di pestaggi, estorsioni, spaccio e anche di tortura.

Un uomo che “non mostra paura di nulla ed è dotato di un carattere particolarmente incline a prendere parte ad azioni pericolose e violente”.

“La personalità dell’indagato rivela come egli abbia la profonda convinzione di poter tenere qualunque tipo di comportamento, vivendo al di sopra della legge e di ogni regola di convivenza civile” scrive il gip.

Basti pensare che uno dei pusher tenuti in scacco dai militari della stazione di Piacenza, di fronte agli investigatori che lo sentono per l’indagine, si dice disposto subito a formalizzare una denuncia, anche a costo di essere rimpatriato perché non in regola con i documenti, poiché la situazione per lui non era più sostenibile.

Dalle foto su Facebook, a bordo piscina della sua villa, sembra un padre affettuoso, sempre sorridente, amante della famiglia.

E infatti alla famiglia raccontava le sue gesta – lui che definiva il suo gruppo “una associazione a delinquere” e diceva di essere a capo della “piramide” – senza tralasciare i particolari più cruenti.

Il racconto delle violenze

Accennando alla moglie di una operazione di servizio appena conclusa, dopo aver sottolineato di essersi stirato un muscolo correndo dietro a uno spacciatore le dice senza problemi: “Amore, però lo abbiamo massacrato”.

L’essersi fatto male, “perché ho corso dietro a un negro”, diventa anche un racconto per il figlio undicenne, che incuriosito lo incalza: “L’hai preso poi?, Gliele avete date? Chi eravate? Chi l’ha picchiato?”. “Eh, un po’ tutti”, è la risposta dell’appuntato che, come per vantarsi, precisa che anche i suoi colleghi avevano picchiato lo straniero.

E ancora, sempre parlando con la moglie, raccontando le fasi dell’arresto di un maghrebino, si vanta così: “Questo c’ha fatto penare… Mamma quante mazzate ha pigliato… Abbiamo aspettato là dieci minuti, siamo riusciti a bloccarlo, non parlava, e ha preso subito due-tre schiaffi. Ne ha prese amore… in Caserma, amore! Colava il sangue, sfasciato da tutte le parti. Un ragazzino del ’96. Non ha detto ‘A'”.

Il suo scopo era eseguire arresti ad ogni costo, così gli ufficiali di grado superiore erano disposti a chiudere un occhio sulle intemperanze e sulle irregolarità che commetteva insieme agli altri militari.

Un altro carabiniere, infatti, scrive il Gip, per impartire direttive di carattere operativo, invece di rivolgersi al maresciallo maggiore, comandante della stazione, parlava direttamente con l’appuntato.

E’ sempre lui a coltivare i rapporti con gli spacciatori, a spostare ‘fumo’ e marijuana organizzando servizi di scorta lungo la strada. Voleva sempre di più e infatti il suo vero obiettivo, scrive ancora il Gip, era quello di riuscire a trafficare cocaina.

“A me quello che mi interessa – dice parlando con un altro degli arrestati – è la coca. Se riusciamo… dopo che abbiamo preso due volte, tre volte, quattro volte… se riusciamo ad abbassa’ un po’ il prezzo… sarebbe top”. (fonte ANSA)

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