Pillola abortiva: in mezza Italia è ancora un tabu

Era l’11 dicembre del 2009 quando l’Agenzia italiana del farmaci diede il via libero definitivo all’aborto farmacologico con la RU486. Quattro mesi dopo, il 7 aprile di quest’anno, a Bari la pillola abortiva viene somministrata per la prima volta.

Oggi, 20 ottobre 2010, quasi un anno dopo il sì definitivo dell’Aifa, sono molte le regioni italiane che negano alle donne l’aborto farmacologico.

Succede in Calabria e in Abruzzo, ma anche in Lazio, dove fino ad oggi sono state ordinate in tutto solo 15 confezioni, cinque al Pertini, altrettante al Forlanini, e altre cinque all’ospedale di Ostia. Ma forse non sono neppure state usate, visto che la Nordic Pharma, azienda distributrice, non ha avuto più richieste.

Il resto dell’Italia, però, non dimostra un trend molto differente. In tutto, da quando la RU486 è stata messa in commercio, ne sono state ordinate 3304 confezioni. Molti ospedali hanno fatto un solo ordine, come la Sardegna (per 52 confezioni), l’Abruzzo, appunto, e l’Umbria (entrambe 11 confezioni), la Calabria e le Marche (cinque scatole ciascuna).

Numeri bassi, se paragonati alle 30mila interruzioni di gravidanza italiane entro la settima settimana, cioè il termine ultimo per la somministrazione delle pillola abortiva. E se paragonati a quelli della Francia, dove l’aborto farmacologico ha in buona parte sostituito quello chirurgico.

Solo una regione sembra gareggiare con i numeri transalpini: il Piemonte, con 842 confezioni ordinate, seguito da Toscana e Lombardia, che però di confezioni ne hanno ordinate quasi la metà, rispettivamente 509 e 467.

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