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Piovà Massaia: uccise la madre 3 anni fa. Si fa fermare dai carabinieri per confessarlo

Ha ucciso la madre tre anni fa, soffocandola con un cuscino a Piovà Massaia (Asti). Ora lo ha confessato.

“Sì, sono stato io a rigare quell’automobile. Volevo essere chiamato da voi. Perché volevo dirvi che tre anni fa ho ucciso mia madre”. I carabinieri credevano di avere a che fare con un semplice caso di vandalismo. Si sono trovati di fronte a lui, un operaio di 50 anni di Piovà Massaia, un uomo mite e riservato, tutto casa e lavoro.

Un volontario della Croce Rossa, che all’improvviso, spontaneamente, con un leggero sorriso dipinto sul volto e con l’aria di chi si stava liberando da un peso intollerabile, ha confessato un omicidio. E’ successo in provincia di Asti.

Uccise la madre a Piovà Massaia 3 anni fa. La ricostruzione

Ed è dalla metà di agosto che la procura del capoluogo e gli investigatori dell’Arma stanno ricostruendo, con metodo e cautela, il mosaico di quella che si presenta come una storia di profonda sofferenza. Tutto si è svolto a Piovà Massaia, pittoresca borgata di 600 abitanti che si affaccia sulle colline del Monferrato. Nel 2017 la morte della mamma dell’operaio, una signora di 90 anni, era stata rubricata come naturale. Non potevano esserci dubbi.

La donna era da tempo tormentata da una malattia crudele, una malattia che indeboliva le ossa fra dolori lancinanti. Le fratture erano continue. Solo nell’ultimo anno era stata sottoposta a tre interventi chirurgici. E non c’erano cure adeguate. Anche la sorella, a quanto pare, aveva sofferto del medesimo male: gli ultimi anni di vita era stata costretta in carrozzella.

La malattia della mamma

“Non voglio finire così”, diceva la donna al figlio. L’operaio ha raccontato di averla addormentata con una forte dose dei farmaci che prendeva abitualmente, poi di averle premuto un cuscino sul viso. Poche ore prima la mamma gli aveva detto che le si era spezzato un altro osso, l’ennesimo: non si era nemmeno mossa dal letto, era bastato un piccolo spostamento.

Uno strazio che lui non era più riuscito a sopportare. L’uomo – ora agli arresti domiciliari – è figlio unico ed è celibe. Chi lo conosce, a Piovà Massaia, dice che ha dedicato gli ultimi anni di vita ad accudire i genitori (il padre era morto nel 2016 dopo una lunga malattia). Per tutti questi anni è rimasto in silenzio. Più volte è stato sul punto di presentarsi ai carabinieri, ma gli è mancato il coraggio.

L’espediente per confessare tutto

Poi – racconta – ha inventato un espediente per farsi convocare: si è accanito su un’automobile parcheggiata in strada (di proprietà di una ragazza) sotto una telecamera di sorveglianza. I militari della stazione di Cocconato lo hanno chiamato per chiedergli conto del suo comportamento.

E allora, finalmente, ha trovato la forza di sciogliere il nodo che lo opprimeva. Ma quanto è credibile la confessione? La magistratura ha ordinato la riesumazione della salma. L’autopsia dovrebbe fornire risposte importanti.

“Finora – dice l’avvocato Marco Dapino, che ha assunto la difesa dell’operaio – non ho notizia di riscontri definitivi agli elementi che ha fornito il mio assistito, ma le indagini sono ancora in corso. Lui è una persona lucida, che ragiona e si esprime in maniera coerente. La stessa procura sta lavorando con grande scrupolo e prudenza, così come impone la delicatezza del caso e, paradossalmente, sembra quasi che in questa fase il più colpevolista di tutti sia proprio l’operaio. Ma è presto per tracciare conclusioni. Vedremo gli sviluppi”. (Fonte: Ansa)

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