NAPOLI – Silenzio radio, nessun contatto: sono ore di attesa e di angoscia per i familiari dell'equipaggio della Ievoli, la nave sequestrata ieri all'alba da un gruppo di pirati al largo delle coste dell'Oman. Diciotto vite in mano a un gruppo di banditi. Sei gli italiani, la maggior parte siciliani.
''La notte è trascorsa senza contatti – dice Gennaro Ievoli, vicepresidente della Marnavi spa, società napoletana proprietaria della nave sequestrata -. C'e' ancora silenzio radio e in base alla nostra esperienza sappiamo che i prossimi contatti non ci saranno prima del terzo, quarto giorno''.
Sono del comandante Agostino Musumeci le ultime parole trasmesse dalla radio di bordo della Ievoli. L'ufficiale ieri, come riferito dall'armatore della societa' navale, era riuscito a dare l'allarme e a fornire rassicurazioni sulle condizioni dell'equipaggio. Da allora piu' nulla. Sono diciotto i componenti dell'equipaggio: sei italiani, cinque ucraini e sette indiani.
Per le loro famiglie, la Marnavi spa ha organizzato un team di supporto che le seguira' durante tutto l'evolversi di questa vicenda.
''Resteremo sempre al loro fianco – dice Ievoli – E siamo tranquilli perche' siamo sicuri che li tireremo fuori''. Sicurezze che e' piu' difficile trovare tra i familiari dei marittimi in ostaggio tra i quali e' inevitabile che serpeggi un misto di rabbia e preoccupazione: ''Tu Stato – dice Rita Gianfriddo, moglie di Agostino Musumeci, comandante della petroliera italiana – ti prendi metà dello stipendio di mio marito e di tutti i marittimi e non fai nulla per loro? Dovrebbero vergognarsi. Non e' che mi senta abbandonata dallo Stato: non devono aiutare me ma darsi una mossa per garantire i marittimi e la loro sicurezza, mettendo sulle navi i militari''.
La donna ha lanciato un appello ''per tutti i marittimi, che fanno un mestiere rischioso, una categoria che viene ignorata dallo Stato e che ha piu' diritti di quelli che stanno seduti sulle poltrone''. La donna ha aggiunto di essere stata contattata ieri pomeriggio dalla Farnesina e di avere sentito in serata l'armatore della nave, Domenico Ievoli.
'Preferisco – ha spiegato – tenere contatti con la societa', che ha dimostrato grande umanita', ma lo Stato deve mettere in sicurezza chi lavora sulle navi: sono gia' delle prigioni tra cielo e mare, figuriamoci ora che a bordo non si possono muovere''.
''Dalla Farnesina – ha proseguito la donna – mi hanno detto di stare tranquilla, di aspettare, aggiungendo che stanno lavorando, e di non farci prendere dal panico. Il dottor Ievoli mi ha tranquillizzato dicendomi che al piu' presto si risolvera' tutto. Io – ha concluso – non mi sento tranquilla se non vedo mio marito. Loro si stanno impegnando ma io voglio riabbracciare al piu' presto mio marito e riaverlo a casa''.
Sulla vicenda è intervenuto il ministro degli Esteri, Giulio Terzi: ''Per contrastare il fenomeno della pirateria e' anche ''importante la prevenzione, con la pratica – sempre piu' diffusa tra gli armatori – di avere a bordo personale sorvegliante, armato e con addestramento di natura militare''. ''L'Unità di Crisi della Farnesina – ha sottolineato il ministro – si è immediatamente attivata facendo scattare una procedura standard che prevede il contatto con i familiari per mantenere con loro una linea aperta e assicurare che la vicenda si risolva ''senza danni alle persone e ai mezzi''.