L’accusa, l’amnistia, l’assoluzione: ecco cosa dicono le carte su Pisapia

Giuliano Pisapia

MILANO – “Giudicato responsabile”. E’ scritto dietro queste parole pronunciate da Letizia Moratti negli studi di Sky Tg 24 il motivo per cui Giuliano Pisapia, suo sfidante di sinistra per la poltrona di sindaco di Milano, ha querelato il sindaco uscente per diffamazione aggravata. La scena è andata in onda mercoledì in tarda mattinata. Su Sky il confronto pre-elettorale tra i due contendenti a sindaco. Sono gli ultimi 25 secondi di trasmissione, regolata rigidamente nei tempi per rispettare la par condicio. Il clima è rilassato, il confronto ormai esaurito, il conduttore Emilio Carelli pronto a salutare ospiti e spettatori. Poi, succede l’inaspettato: Letizia Moratti sventola alcuni fogli di carta, ha un tono calmo ma la voce è increspata: probabilmente quell’ultima mossa, nelle intenzioni letale, è stata voluta più dai suoi consiglieri che da lei che si è sempre definita “moderata”.

La signora annuncia che il suo sfidante è stato, appunto, “giudicato responsabile” dalla Corte D’Assise per il reato di furto di un veicolo che sarebbe servito a sequestrare e pestare un giovane. Reato poi amnistiato e l’amnistia non vuol dire assoluzione, conclude la Moratti a conclusione di intervento e trasmissione. La cosa finisce lì, Carelli chiude frettolosamente mentre Pisapia dice che è tutto falso. Nel pomeriggio, l’annuncio di una querela per diffamazione.

Letizia Moratti

Fin qui, i fatti. Ma ci sono le carte e queste raccontano un’altra storia. Le ha studiate il Corriere della Sera. I fatti a cui Moratti si riferisce sono accaduti nel 1984, quando un’amnistia mise fine al processo di primo grado per Pisapia. Peccato che il candidato di sinistra, nonostante l’amnistia, abbia comunque fatto ricorso in appello per essere completamente assolto, cosa poi avvenuta in effetti nel 1986. Formula piena: assolto per non aver commesso il fatto.

Scrive il Corriere: “La storia vera comincia la sera del 19 settembre 1978, quando a Milano i terroristi di «Prima Linea» Massimiliano Barbieri, Roberto Sandalo e Marco Donat Cattin rubano un furgone Fiat, e Barbieri viene arrestato. Due anni e mezzo dopo, Sandalo, “pentito” come anche gli altri due, spiega il furto come finalizzato a un progetto (poi mai attuato) di sequestro di William Sisti, capo del servizio d’ordine del «Movimento lavoratori per il socialismo» che aveva avuto violenti scontri con l’«Autonomia operaia» cittadina, e al quale il «Collettivo» studentesco della libreria di via Decembrio, nel quale all’epoca militavano attivamente Massimiliano Trolli (ex di Lotta Continua) e suo cugino Giuliano Pisapia, addebitava pestaggi di “compagni”, come un disegnatore di murales ridotto in fin di vita”.

I tre divergono sul ruolo di Pisapia: “Per Sandalo era presente; lo stesso dice Barbieri, che però per la riunione operativa indica una data in cui Pisapia era a Santa Margherita Ligure bloccato da un’ulcera, attestata sul ricettario milanese del medico Carlo Agnoletto (zio di Pisapia); invece Donat Cattin esclude Pisapia fosse alla riunione“.

Giuliano Pisapia venne arrestato nel 1980 per partecipazione alla banda armata Prima Linea e concorso morale nel furto del furgone. Resta 4 mesi in carcere (cosa che non ha mai nascosto) per poi essere direttamente prosciolto per la prima accusa su richiesta del pubblico ministero. Viene invece rinviato a giudizio per concorso morale nel furto. Il processo finisce con un’amnistia (l’estinzione del reato) ma la Corte si pronuncia comunque, spiegando che “nei confronti di Pisapia potrebbe essere emessa solamente una pronuncia di assoluzione per insufficienza di prove”.

Ma Pisapia rinuncia all’amnistia e ricorre in Corte d’Appello. La cui conclusione, l’8 marzo 1986, è che “non vi è prova, nè vi sono apprezzabili indizi, di una partecipazione di Pisapia al furto, sia pure sotto il profilo di un concorso morale: va pertanto assolto per non aver commesso il fatto”.

Non è finita, manca la Cassazione. Scrive ancora il Corriere: “Il 3 marzo 1987 la Cassazione rileva un errore nella formazione del collegio d’Appello, annulla la sentenza per tutti gli imputati e quindi fa ricelebrare il processo di secondo grado. E’ solo un formalità: infatti sia la Procura generale sia le difese chiedono ai giudici del processo-bis d’Appello di confermare le statuizioni riguardanti ciascun imputato, e la nuova Corte lo fa per tutti gli imputati (compreso Pisapia) nelle ordinanze del 3 dicembre 1987, 25 febbraio, 28 marzo e 14 aprile 1988“.

“Assoluzione piena”. Ecco cosa Letizia Moratti si è “dimenticata” di dire a conclusione del suo intervento sulle vicende processuali di Giuliano Pisapia.

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