Più di 100 detenuti morti in cella nel 2024, 45 i suicidi: cosa farà il Governo per limitare il sovraffollamento

di redazione cronaca
Pubblicato il 26 Giugno 2024 - 21:05
Foto ansa d'archivio sulle carceri

Foto Ansa d’archivio

Oltre cento detenuti morti nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno, di cui 45 per suicidio, una media è di un recluso che si toglie la vita ogni quattro giorni. L’ultimo, il centounesimo decesso, è un 29enne del penitenziario di Genova, che in cella ha inalato il gas di un fornello. Sulla vicenda sono in corso indagini per capire se possa trattarsi del tentativo del giovane di procurarsi effetti allucinogeni poiché episodi come questo sono in aumento e molto volte sono dovuti al sovraffollamento degli istituti e alle difficoltà psichiche di alcuni individui. 

Il decreto svuotacarceri atteso nel mese di luglio

E per far fronte a questa situazione, il ministro Nordio sarebbe pronto a presentare di nuovo il decreto svuotacarceri entro il mese di luglio.  Il provvedimento – aveva spiegato nei giorni scorsi il Guardasigilli – era atteso la scorsa settimana ma c’è ancora bisogno di tempo per metterlo a punto ed è in arrivo, assicurano da via Arenula, “prestissimo”. Il testo prevede anche una norma che disciplina il procedimento attraverso il quale vengono riconosciuti i benefici, già previsti dalla legge, per i detenuti che aderiscono al trattamento e dimostrano buona condotta. Ma non saranno introdotti sconti di pena. L’obiettivo è alleggerire i tribunali di sorveglianza, gravati dalla necessità di evadere 200mila richieste all’anno e, contemporaneamente, garantire ai detenuti i diritti già previsti dalla normativa vigente.

Nelle carceri italiane recluse più di 61mila persone

Negli istituti di pena sono attualmente recluse oltre 61mila persone a fronte di una capienza di 51.178 posti, con 13.500 detenuti in eccesso. L’alto numero dei suicidi, finora 45 da inizio anno, è in prospettiva quello sempre più allarmante, considerando che il 2022 è stato l’anno record, con 85 casi accertati in 365 giorni. Al ministero sono ancora al lavoro per istituire (questo avrebbe portato a dilazionare i tempi di presentazione del dl) un albo delle comunità per associazioni del terzo settore, già dotate di strutture di accoglienza, per consentire, a chi ha già i requisiti ma non dispone di una casa, di scontare la pena in regime di detenzione domiciliare o di affidamento in prova, purché svolga un’attività lavorativa. In pratica far scontare ai detenuti, in carcere per reati minori, la parte finale dell’esecuzione della loro pena in comunità. La misura potrebbe dunque riguardare coloro che hanno un fine pena inferiore ai due anni, oltre a chi è inserito in uno specifico percorso trattamentale. Grazie a un’intesa con la Cassa Integrazione e le Regioni, le associazioni iscritte nel nuovo albo si farebbero quindi carico di una parte dei costi per mantenerle in vigore.

Come velocizzare i tribunali di sorveglianza

Oggetto di riflessione è anche come velocizzare il lavoro dei tribunali di sorveglianza oberati da 200mila fascicoli per pratiche di riconoscimento di buona condotta quando non ci sono reati ostativi (lo sconto di 45 giorni di reclusione ogni sei mesi di carcere trascorsi senza note negative), procedura che richiede vari ‘visti’ e che potrebbe essere resa più fluida. Da escludere che il “bonus” dei 45 giorni salga a 60. Inoltre le telefonate standard potrebbero aumentare, per tutti, dalle attuali 4 a 6 al mese. C’è poi l’ipotesi – non tramite decreto ma con un iter legislativo più lungo – di devolvere l’ordinanza di custodia cautelare a tre giudici che interverrebbero in tempi più rapidi, con l’obiettivo di avere circa 3.500 carcerati in meno.  La stima è stata fatta sulla base dei numeri del 2022, quando su 12mila provvedimenti cautelari impugnati 1.200 sono stati annullati, quindi il 10% è finito in carcere mentre avrebbe dovuto restare libero, e 1.940, quasi il 20%, hanno avuto il provvedimento modificato, cioè dal carcere sono passati agli arresti domiciliari.

La ricerca di spazi negli istituti penitenziari passa anche per piani con un’ottica più ampia, attraverso il tentativo di accordi con Stati africani per il trasferimento dei detenuti stranieri dalle carceri italiane verso gli istituti del loro Paese di origine. Il progetto si inscrive nell’ambito del cosiddetto piano Mattei. Il programma al momento è ancora agli albori della sua stesura ed è legato all’accordo con ogni singolo Paese nell’ambito dei prossimi anni.