ROMA – Poker Texas Hold’em. Per la Cassazione i tornei non sono reato. La Corte di Cassazione sdogana i tornei di Texas Hold’em, meglio noto come poker texano, ma a certe condizioni che riducono l’azzardo e lo inseriscono in un contesto ludico diverso dai meri propositi di lucro. Faccia a faccia, riuniti in intorno a un tavolo si può. Cioè non è reato organizzare tornei di poker texano, poiché in questo caso l’abilità e la resistenza dei giocatori sono preponderanti rispetto all’alea, il rischio. Lo ha stabilito la Cassazione, che ha respinto il ricorso della procura di Alessandria con il dissequestro di un circolo e di una somma di denaro, dove i gestori organizzavano i tornei a fronte di una quota di iscrizione di 50 euro a partecipante. In generale – nota la Corte – il poker tradizionale ”pacificamente riconducibile nel novero dei giochi d’azzardo, in quanto rispetto all’abilità del giocatore risulta preponderante l’alea”.
La variante Texas Hold’em ripete in astratto tali caratteristiche” ma la natura d’azzardo ”può venire meno”, quando gli organizzatori chiedono quote di partecipazione di importo contenuto, prevedono l’assegnazione di un numero uguale di gettoni a ciascun partecipante, l’impossibilità di rientrare in gioco acquistando altri gettoni e la preventiva individuazione del premio finale. Tutto ciò rende ”preminente, rispetto all’aleatorietà, altri aspetti del gioco, quali l’abilità del partecipante, la sua esperienza, l’attitudine alla concentrazione, la capacità di valutazione dell’avversario, la resistenza fisica”. Quindi ”perde rilievo il valore della posta rispetto all’impegno richiesto, come assume preponderanza l’aspetto prettamente ludico del gioco”.