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Bomba gas sotto il Policlinico. Repubblica scopre 18 milioni di spreco

di admin |17 Ottobre 2011 14:14

I sotterranei del Policlinico Umberto I di Roma nel 2007 (Lapresse)

ROMA – Erano sporchi i corridoi sotterranei del policlinico Umberto I. Quasi tre chilometri, 2,7 per l’esattezza, nella struttura ospedaliera universitaria più grande d’Europa. Erano sporchi e tutt’altro che igienici da anni, adesso sono una bomba. I lavori di ristrutturazione, un appalto costato 18 milioni di euro, hanno lasciato intatta e disinnescata la bomba. Bomba in senso letterale e non figurato, come spiega un’inchiesta di Marino Bisso e Carlo Picozza per Repubblica e un’indagine della Procura di Roma che riguarda tutte le persone coinvolte nell’appalto.

Sotto i piedi di medici, infermieri e pazienti c’è una bomba nascosta sotto uno strato di 30 centimetri di cemento armato. È la rete dei gas medicali, che corre insieme con quelle dell’elettricità, dell’acqua, di trasmissione dati e con i tubi che trasportano il vapore a sette atmosfere “con pericoli enormi per i pazienti e per il personale dell’ospedale”: la denuncia è del ricercatore Antonio Sili Scavalli del sindacato autonomo Fials e trova conferma in due rapporti segreti, “interni”, commissionati già nel 2009 dai vertici del policlinico. “Impianto difficilmente raggiungibile, alte temperature che mettono a rischio i cavi elettrici troppo vicini a quelli che conducono calore, pericolo di esplosioni”: questi in sintesi i punti critici evidenziati dalla Siram spa e dell’Udb Centro, le due società alle quali l’azienda ospedaliera ha chiesto un parere pro veritate.

Il punto debole, debolissimo, è la rete di distribuzione del vapore che, scrivono Bisso e Picozza “fornisce acqua calda e calore a tutti i 46 padiglioni 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno. Il vapore, a una pressione di 7 bar (corrispondenti a una temperatura sui 170 gradi), viene prodotto dalla centrale termica dell’ospedale e distribuito non solo ai padiglioni entro la cinta della cittadella sanitaria ma anche a quelli esterni e ad altri stabili della Sapienza”. Questo sistema è stato realizzato nel 1980 e il rapporto segreto interno lo indica come “prossimo al collasso”.

Bene, il sistema di distribuzione del vapore non è stato minimamente toccato dai lavori di ristrutturazione. Anzi, l’intervento è stato solo di “cosmesi”, nel coprire tutto con una controsoffittatura che – appena finita – è già piena di crepe e perdite e aumenta il surriscaldamento delle tubature. Un lifting, giusto per “parare” le accuse di sporcizia che erano venute fuori in un’inchiesta del 2007, poi ripresa nel 2008, di Fabrizio Gatti per L’Espresso. Gatti si era finto addetto alle pulizie per un mese e aveva scoperchiato un mondo di discariche abusive, provette incustodite con germi infettivi e tropicali e sostanze radioattive, cicche di sigarette, feci di cane, topi.

Fu una cattiva pubblicità per il policlinico, che commissionò lesto il lifting. Ma forse affidandosi ai chirurghi sbagliati. Perché sono indagate dalla procura di Roma per concorso in abuso d’ufficio le due imprese che hanno vinto l’appalto: la Società italiana costruzioni della famiglia Navarra ed la Eugenio Ciotola spa. Due nomi che ricorrono più volte nell’inchiesta sui grandi appalti e sul sistema che faceva capo ad Angelo Balducci. E tra gli indagati dalla procura di Roma per le procedure non regolari nell’assegnazione dell’appalto compare Maria Pia Forleo, avvocato del provveditorato alle Opere pubbliche e molto vicina a Balducci.

Indagati anche gli altri cinque componenti della commissione che scelse il progetto, come scrivono Bisso e Picozza: “Alessandro Chierchia, presidente, Daniela Celin, moglie dell’allora direttore generale Ubaldo Montaguti, Maurizio Pucci, allora direttore della Protezione civile regionale, Carla Palombi e l’ingegnere Luigi Abate, all’epoca comandante dei vigili del fuoco”.

Luigi Abate, eletto alla Regione Lazio nella lista Polverini, ora è presidente della commissione regionale Sicurezza sui luoghi di lavoro. Il 5 ottobre scorso ha presentato un esposto alla procura di Roma in cui dice che i lavori sono stati realizzati “in modo del tutto difforme dal progetto approvato”, che “non ha nulla a che fare con quanto approvato dalla commissione”. Commissione di cui lui faceva parte.

 

 

 

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