Pompei sabotata: “Chiuso per assemblea sindacale”. Ma da oggi stop proteste

 Pompei sabotata: "Chiuso per assemblea sindacale", turisti fuori sotto il sole
Pompei sabotata: “Chiuso per assemblea sindacale”, turisti fuori sotto il sole

ROMA – Pompei sabotata: “Chiuso per assemblea sindacale”, Ma da oggi stop proteste. Fino alle 10 e 30 di domenica 500 turisti, giunti da tutto il mondo, hanno dovuto attendere sotto al sole l’apertura dei cancelli del sito archeologico più famoso al mondo. “Chiuso per assemblea sindacale” e meno male che i lavoratori hanno concesso in extremis di non prolungarla per altre due ore come previsto.

Proteste e assemblee, però, per fortuna sono state sospese. Il sovrintendente Massimo Sanna ha annunciato l’accordo con i sindacati, scongiurando nuove chiusure nell’orario di visita peraltro già programmate fino a giovedì prossimo. Il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, finora impotente, aveva denunciato la gravità dei modi di condurre la protesta associandola all’interruzione di pubblico servizio, che è un reato:

Io sono il primo a voler rispettare i diritti sindacali e voglio risolvere i problemi, ma non è possibile pensare che un’assemblea blocchi il sito e lasci fuori centinaia di turisti sotto il sole. Quella protesta non ha senso. I musei sono un servizio pubblico come lo sono i treni e gli aerei. Di più: per Pompei abbiamo gli occhi di tutto il mondo addosso e questa chiusura rischia di vanificare il lavoro di tanti. (Dario Franceschini)

Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, ha annunciato addirittura il commissariamento della Cisl locale. Anche la Cgil nazionale ha stigmatizzato la protesta sul territorio: ma a livello regionale le varie sigle non intendono demordere: denunciano la carenza di organico, un super lavoro rispetto ad altre realtà cui non corrisponde un trattamento economico adeguato. Ma, di fronte a frotte di turisti “presi in ostaggio”, il problema è la natura della protesta.

Antonio Irlando, presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale, chiama in causa anche il ministro Dario Franceschini ricordando che le ragioni delle proteste dei dipendenti della Soprintendenza sono le stesse da sempre e di semplice soluzione, non riferibili però al solo soprintendente di turno. ”Da alcuni decenni – spiega Irlando – si evidenzia la sproporzione inammissibile tra le ordinarie rivendicazioni dei lavoratori e i danni incalcolabili, in termini economici e di reputazione dell’Italia, che derivano dalla chiusura degli scavi di Pompei, Ercolano, Oplonti e Stabia.

Infatti, pagare con regolarità gli arretrati di prestazioni svolte dai custodi, adeguare i loro luoghi di lavori alle norme di salute e sicurezza dei lavoratori, organizzare con maggiore efficienza le prestazioni quotidiane di lavoro, potenziare gli organici di chi deve vigilare sugli scavi di Pompei ricorrendo anche alla mobilità del personale, non sembrano proprio questioni che, per la loro risoluzione, debbano sottoporre migliaia di turisti a restare bloccati sotto il sole o, addirittura, a rinunciare alla visita di Pompei dopo essere giunti in Italia dall’altra parte del mondo”.

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