GENOVA – Il ponte Morandi è crollato il 14 agosto. Sono passate tre settimane in cui governo, Parlamento, giornali e televisione danno la caccia ai colpevoli e parlano di nazionalizzazione. Si parli pure, ma resta la circostanza duramente concreta che a 3 settimane dal crollo la ricostruzione è solo una parola. Non si sa chi lo ricostruisce, chi paga la ricostruzione, quando comincia la ricostruzione, come si farà e dove.
Quel che resta al momento sono i detriti sui binari della ferrovia e l’incertezza sul da farsi. Si parla di revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia e governo e autorità locali dibattono su chi debba occuparsi della ricostruzione. Renzo Piano, l’archistar italiana, ha donato un progetto per il nuovo ponte, ma ancora non è stata decisa la demolizione di quello ormai crollato.
Intanto si attende il prossimo passo di Autostrade, che entro il fine settimana presenterà il piano definitivo di demolizione. Una parte del ponte dunque sarà “smontata”, mentre il resto sarà fatto brillare. I lavori dovrebbero iniziare entro fine anno.
E la ricostruzione? Per un ponte in acciaio, dice Autostrade, ci vorranno tra gli 8 e i 12 mesi. Il governo però vuole estrometterla e coinvolgere nei lavori Fincantieri e Cassa depositi e prestiti. Non si sa, dunque, ancora nulla. Tre settimane sono passate e il moncone del ponte resta lì, a ricordare l’accaduto, ma per poter vedere un nuovo ponte ci vorrà ancora molto tempo.