TRANI – Due arresti e una sessantina di indagati per una presunta maxitruffa da 150 milioni al porto di Molfetta. Tra le persone iscritte al registro degli indagati c’è pure Antonio Azzollini, senatore Pdl, ex sindaco della cittadina nonché presidente della Commissione Bilancio di Palazzo Madama.
Gli indagati – ex amministratori pubblici e imprenditori – sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e reati ambientali.
Il nuovo porto commerciale di Molfetta (Bari), appaltato nel 2007 non è mai stato realizzato. Le indagini sono state avviate dopo una segnalazione del dirigente generale dell’Authority per la Vigilanza sui contratti pubblici, per presunte irregolarità relative all’appalto per l’ampliamento del porto. L’Authority era stata invitata a verificare la regolarità dell’appalto su denuncia della “Società Italiana per Condotte d’Acqua spa” che ipotizzava una limitazione della concorrenza.
La denuncia si basava sul fatto che in una clausola del bando di gara del Comune di Molfetta veniva imposto il possesso o la disponibilità di una ”diga stazionaria aspirante-refluente dotata di disgregatore, con potenza installata a bordo non inferiore ad Hp 2.500”. L’Authority ritenne fondata la denuncia e dichiarò illegittimo il bando di gara disponendo un nuovo monitoraggio sull’appalto. Questa verifica si concluse con la contestazione di molteplici irregolarità, poi sottoposte al vaglio della magistratura penale e contabile.
Le indagini, coordinate dalla procura di Trani, hanno accertato che per la realizzazione della diga foranea e del nuovo porto commerciale di Molfetta è stato veicolato in favore del Comune un ingente fiume di danaro pubblico: oltre 147 milioni di euro, 82 milioni dei quali sino ad ora ottenuti dall’ente comunale, a fronte di un’opera il cui costo iniziale era previsto in 72 milioni di euro. All’epoca dei fatti il Comune era guidato da Antonio Azzollini.
L’opera, appaltata ad aprile 2007 con consegna lavori a marzo 2008, non solo non è stata finora realizzata a causa della presenza sul fondale antistante il porto di migliaia di ordigni bellici, ma non vi è neppure la possibilità che i lavori possano concludersi nei termini previsti dal contratto di appalto assegnato ad un’Ati composta da tre grandi aziende italiane: Cmc (capofila), Sidra e Impresa Cidonio.
Secondo l’accusa, il Comune di Molfetta, pur sapendo dal 2005 (circa due anni prima dell’affidamento dell’appalto) che i fondali interessati dai lavori erano impraticabili per la presenza degli ordigni, avrebbe comunque attestato falsamente che l’area sottomarina fosse accessibile. In questo modo si è consentita illegittimamente la sopravvivenza dell’appalto e l’arrivo di nuovi fondi pubblici, sono state fatte perizie di variante ed è stata stipulata nel febbraio 2010 una transazione da 7,8 milioni di euro con l’Ati appaltatrice.