CAMPOBASSO – Questa è la storia di un prete, oggi sessantenne, e di una ragazzina di 14 anni, rimasta orfana. I due intrecciano una relazione sessuale e anni dopo lei trova il coraggio di denunciare tutto. Ma il prete viene assolto: agli occhi del gup, il loro “era amore”.
La sorprendente vicenda è ambientata a Portocannone, duemila anime in provincia di Campobasso. A diffondere la sentenza choc è il sito Laretedellabuso, portale che denuncia gli abusi perpetrati da preti pedofili. Ma quella del prete e dell’orfana non è l’unica vicenda di questo tipo a concludersi senza condanna. Nel 2013, a Catanzaro, fu assolto un assistente sociale che aveva avuto una relazione con una bimba, da lui seguita per motivi che dovevano essere professionali, di appena 11 anni (clicca qui per la storia).
La ragazzina era rimasta sola al mondo a soli tredici anni e si era rivolta al parroco del paese, all’epoca 55enne, per conforto e sostegno. Ma il religioso si sarebbe “innamorato” della minorenne e avrebbe intrattenuto con lei una relazione sessuale durata fino all’anno successivo. Cinque anni dopo però il corpo della giovane si ribella, soffre di numerosi disturbi psichici e fisici, sfociati in anoressia e depressione.
Come riporta La Rete dell’abuso:
Ma il peggio di questa triste storia arriva con la sentenza del giudice Daniele Colucci, in servizio al tribunale di Larino, il quale scrive, nero su bianco, che, quella tra Giada Vitale e don Marino Genova, è da considerarsi una vera e propria relazione amorosa. Con il consenso di entrambi, anche se Giada era poco più che una bambina, aveva perso da poco i suoi affetti più importanti ed era plagiata al punto di non avere la forza di reagire. Anche se il PM ha parlato di consenso ancora prima di concederle il colloquio.
Così, Colucci, assolve don Marino da tutti i suoi peccati, anche perché, si sottolinea nella sentenza, seppure l’adolescente fosse psicologicamente fragile e incapace di reagire, il parroco, non essendo uno psicologo, non poteva accorgersi del disagio mentale. Non era tenuto a somministrargli alcun farmaco. È scritto proprio così.
Lo rinvia, però, a giudizio, per i reati perpetrati tra l’aprile e il giugno del 2009, periodo durante il quale Giada intratteneva la “relazione amorosa” con il prete ma non aveva ancora compiuto 14 anni. Ma, tenuto conto che, come si difende l’indagato, si è trattato solo di baci innocenti e qualche palpatina, contrariamente a quanto sostenuto dall’accusa, il giudice ipotizza unicamente il reato di atti sessuali con minore, facendo leva, ancora una volta e implicitamente, sul consenso della vittima. Non si tratta, quindi, né di pedofilia né abusi sessuali. Così è deciso.
A Giada Vitale, oggi 20enne e discreta musicista, le ferite dell’anima tornano a sanguinare come quando quell’uomo, adulto e perverso, diceva di volerle bene come Gesù Cristo e invece le stava portando via, per sempre, una parte di sé. E con la voce rotta di rabbia e disperazione, dopo mesi di silenzio nel quale si era rintanata, oggi torna a chiedere giustizia allo Stato italiano e di rivedere un processo per molti aspetti ambiguo: “Vi prego, fate riaprire il mio caso”.