Processo Garlasco: “Da Stasi comportamenti illogici”. Il procuratore generale chiede la condanna

Alberto Stasi
Alberto Stasi

Il procuratore generale di Milano ha chiesto la condanna di Alberto Stasi per il delitto di Garlasco. Il giudice Laura Barbaini ha chiesto, tra le altre cose, di ascoltare in aula la registrazione della telefonata con cui il giovane, il 13 agosto 2007, dopo aver scoperto il corpo senza vita di Chiara Poggi, chiamò il 118 per dare l’allarme “per una diretta e migliore comprensione”. Stati è stato per il momento assolto con formula dubitativa.

Il pg, come si legge nell’atto, oltre ovviamente alla condanna di Stasi, ha chiesto tre nuove perizie: una per per valutare “i possibili percorsi” compiuti da Alberto nella villetta dei Poggi dove trovò il cadavere di Chiara, compreso il tratto di scale che conduce in cantina e che era stato escluso nella simulazione sperimentale effettuata dagli esperti nominati dal gup di Vigevano Stefano Vitelli; un’altra relativa alle suole delle scarpe calzate dal giovane il giorno del delitto e sulla loro capacità di “trattenere tracce ematiche” e la terza sul pc di Stasi e sull’apertura dei file la sera prima dell’omicidio.

Il pg, a differenza di quanto si era saputo in un primo momento, non ha avanzato alcuna istanza di rinnovazione della perizia medico-legale. Dopo il ricorso della parte civile e quello dei pm di Vigevano, il sostituto procuratore generale milanese, nei suoi motivi di appello, tra i vari “vizi di illogicità,” sottolinea che la sentenza di primo grado “non valorizza il dato nuovo della totale assenza di alibi”, di Stasi, “nella prima parte della mattinata”, cioé “intorno alla fascia oraria che ruota intorno alle ore 9-9.45”, e comunque “in coincidenza” con l’ora presumibile della morte della giovane e indicata dal giudice di primo grado.

Il pg, inoltre ritiene che “la sentenza si sviluppa in modo parziale, soffermandosi sulla dimostrazione degli errori degli inquirenti, dimenticandosi di dover dedicare altrettanta attenzione alla parte ricostruttiva” e che “ignora e non analizza le modalità della grave e violenta aggressione, dimostrando di voler prescindere dalla considerazione delle stesse”.

In tal modo rivelerebbe “un pregiudizio immotivato – si legge nell’atto – confermato dalla scarsa e comunque insufficiente indagine sul movente, che viene giustificata in modo sbrigativo e approssimativo dall’invocato ‘danno irreparabile’ al computer” di Alberto. Computer più volte accesso dai carabinieri senza la presenza dei consulenti di parte. Per il pg Barbaini la sentenza impugnata “perde di vista la dinamica del fatto che risulta del tutto incompatibile con l’ipotesi del soggetto terzo autore dell’omicidio e perde di vista che Stasi è senza alibi nell’orario indicato dai periti e dalla sentenza come il più probabile in cui è avvenuto il delitto”.

Tra i vari “vizi di illogicità”, che ad avviso del pg, emergerebbero nella sentenza di assoluzione di Stasi c’é anche quella che riguarda l’atteggiamento di Alberto la mattina del delitto : non si sarebbe comportato secondo “criteri logici di condotta allorché per ben otto volte nel giro di poche ore, chiama intensamente Chiara sul cellulare e sul numero fisso di casa, senza ricevere risposta, rimanendo nella sua abitazione senza fare quello che un soggetto preoccupato logicamente ‘avrebbe’ potuto fare e cioé correre a verificare che cosa stava succedendo alla fidanzata”.

Anzi “é del tutto conforme, sul piano della logica coerenza, che il freddo e calcolato autore dell’omicidio – prosegue l’appello – scelga deliberatamente di effettuare otto telefonate, senza spostarsi in quanto deve costruirsi l’alibi della permanenza in casa, e scelga deliberatamente di far apparire di essere in grado di lavorare al computer nonostante l’efferato omicidio”. Quanto al movente, il sostituto procuratore generale sostiene sia da individuare nel timore di Stasi di vedere divulgata la sua “propensione maniacale per la pornografia” e, in particolare, che ne venissero a conoscenza i genitori di Chiara verso i quali “traspare dagli atti una situazione ancora di sottoposizione e comunque di sudditanza morale e massima preoccupazione”.

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