Processo Maugeri, Roberto Formigoni: “Non ho mai fatto favori a Daccò e Simone”

Processo Maugeri, Roberto Formigoni: "Non ho mai fatto favori a Daccò e Simone"
Roberto Formigoni (Foto LaPresse)

MILANO – Roberto Formigoni, indagato nel processo Maugeri per associazione a delinquere e corruzione, difende la legittimità dei suoi atti da governatore della Regione Lombardia e spiega di non aver mai emanato atti in favore di qualcuno. Per Formigoni, che ha rilasciato dichiarazioni spontanee durante l’udienza del processo il 7 luglio, la Procura “si è concentrata sui rapporti personali con Pierangelo Daccò e Antonio Simone“, un rapporto di amicizia vissuto “con leggerezza” ma “in amicizia non si fanno calcoli”.

L’ex governatore della Lombardia ha ha voluto rivendicare la legittimità delle delibere regionali in materia sanitaria, “tutti atti sottoposti a plurimi controlli” da parte del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, “magistrature” che hanno sempre “dato sostanzialmente ragione a Regione Lombardia”:

“Se non avessi conosciuto Daccò e Simone questo processo non sarebbe mai iniziato, perché l’accusa si è concentrata sui miei rapporti personali”.

L’ex governatore lombardo ha poi iniziato a raccontare l’origine del suo rapporto con Daccò che è

“personale e amicale e che inizia nei primi anni del 2000. Non si tratta di utilità ma di scambi tra persone che sono amiche”.

Formigoni ha poi spiegato che “l’amicizia non fa conti” e che le vacanze pagate da Daccò erano doni di amicizia, con cui lui si sdebitava offrendo cene o visite:

“Io accettavo i suoi inviti per i viaggi e Daccò si faceva carico delle spese e non ha mai chiesto nulla, anzi io ho provato a pagare e forse una volta ci sono riuscito e poi cercavo di sdebitarmi con delle cene a casa mia o con visite in località turistiche. Siamo amici e ci comportiamo da amici, l’amicizia è la tipica cosa in cui non ci sono calcoli, è una categoria dell’essere umano studiata dalla più antica antichità e soprattutto noi non abbiamo mai violato la legge”.

L’ex governatore ha voluto respingere anche le accuse su un presunto maxi sconto per l’acquisto di una villa in Sardegna. Ha chiarito che ad acquistare la villa fu il suo amico Alberto Perego da Pierangelo Daccò e che lui avrebbe fatto soltanto “un prestito” a Perego perché

“mi disse che non aveva 3 milioni a disposizione e che la banca gli faceva un mutuo soltanto di 1,5 milioni”.

Per l’ex governatore, dunque, le “cosiddette utilità” contestate dai magistrati

“non esistono e non mi riguardano o sono solo segni di amicizia”. Inoltre, il senatore ha rivendicato l’eccellenza della sanità lombarda quando è stato governatore, spiegando che se fossero vere le accuse dei magistrati sugli stanziamenti regionali “io avrei dovuto corrompere una ventina di persone per impostare le delibere”.

 

Durante le 3 ore in cui ha reso le dichiarazioni spontanee, Formigoni ha poi ribadito la sua innocenza e sottolineato che il suo rapporto di amicizia è stato “visto malamente”:

“Con il senno di poi posso imputarmi che mi sono esposto con leggerezza in un rapporto personale di confidenza, che all’esterno è stato visto malamente, ma questa amicizia non si è mai riverberata sulle mie scelte politiche”.

Formigoni, concludendo le sue dichiarazioni spontanee durate circa 3 ore, ha voluto anche rivendicare “la mia totale onestà e intelligenza” e il fatto che i suoi rapporti personali con il Daccò e con l’ex assessore regionale Simone

“non hanno mai avuto influenza sul mio ruolo in Regione e sono certo che voi ne terrete conto. La Lombardia è l’unica regione in tuta Italia che nei miei anni di amministrazione ha raggiunto il pareggio di bilancio” in ambito sanit ario e ha “garantito prestazioni e servizi che sono tra i primissimi in Italia ed Europa”. Inoltre il senatore ha spiegato che Carlo Lucchina, ex direttore della sanità lombarda e imputato nel processo, “ha svolto una funzione egregia”.

Il processo è stato aggiornato al 6 ottobre, quando verrà ascoltata Carla Vites, imputata e moglie di Antonio Simone.

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