ROMA – La norma approvata la scorsa settimana che permette il disconoscimento da parte della madre del figlio ottenuto mediante procreazione artificiale, apre la possibilità all”’utero in affitto” e ai bambini alle coppie gay. E’ quanto emerso in una riunione informale in commissione affari sociali della Camera, presente il sottosegretario Cecilia Guerra.
Il punto rimane la possibilità, a cui non si era pensato in commissione Affari sociali, di aprire la strada all’utero in affitto, vietato in Italia e nella maggior parte dei Paesi europei. Il caso di scuola (di cui si è parlato nella riunione informale) è quello di una coppia gay, nella quale uno dei due uomini si mette d’accordo con una donna per procreare un bimbo con tecniche artificiali.
Al momento del parto la madre disconoscerebbe il figlio, ma non il padre che dunque lo prenderebbe con se a pieno diritto, ”aggirando”, per così dire, la norma che vieta l’adozione di bambini da parte delle coppie gay. Naturalmente occorre che uno dei componenti della presunta coppia sia anche sterile, il che restringe la casistica. Ma la preoccupazione è aprire il varco.
La commissione Affari sociali aspetta il parere della commissione Giustizia che martedì ha avviato il dibattito: la relatrice Anna Rossomando (Pd) ha invitato ad ”aprire un dibattito approfondito” su questa norma che ”non appare del tutto omogenea al testo e alla ratio complessiva del provvedimento” che contiene misure che vogliono garantire l’anonimato della madre che non intende riconoscere il figlio al momento del parto. Anche il presidente della commissione Giustizia, Giulia Buongiorno, si è detta d’accordo con la sollecitazione di Rossomando.